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Scream 4

Pubblicato il 18 aprile 2011 da Alessandro Izzi
VOTO:


Scream 4

Il miracolo ogni tanto riesce.
Wes Craven riprende in mano la sua creatura più ganza, più modaiola, più arrischiata e la riporta in vita come un novello Frankenstein che gioca con fulmini e pezzi di carne. Ci par quasi di vederlo, mentre scriviamo scendere nelle segrete del suo castello, triste magione hollywoodiana, passando per pesanti scale a chiocciola rischiarate da torce fumiganti. Lo sentiamo segare e martellare, cucire arti con pezzi si spago e trafficare con cervelli in barattoli scuri e sappiamo che sta sfidando la morte con la baldanza del visionario. Però, e non possiamo fare altrimenti, precisiamo: non la sua creatura migliore è quella che riprende e rimonta, ma quella più fresca e giovanile. Una precisazione non di poco conto.
Da gran signore, Craven lascia che su Nightmare e Le colline hanno gli occhi siano gli altri a rompersi le ossa. Lui, con signorilità stringente, prende per mano la sua piccola più impertinente e la lascia giocare come un padre quando porta la figlioletta al parco giochi. Ci si diverte, ma sotto sotto sa che diventerà grande, che avrà presto altre ambizioni.
Scream (il primo) era stato il canto del cigno del gesto politico dell’horror. L’autore de Il serpente e l’arcobaleno ci aveva composto su un commosso Requiem per un mondo che si perdeva nel commercio. Per i giovani che animavano quel film il genere era diventato buono per gli scaffali delle videoteche. Lo si vendeva un tanto al chilo senza far troppa distinzione tra la perla d’autore e l’horror da rigattiere. Il gioco era nella convenzione: una volta che avevi imparato le regole non scritte, col genere ci potevi giocare, ti ci divertivi. Frattanto fuori il mondo si faceva brutto, ambiguo, spiacevole. E se diventava così la colpa non potevi certo darla ai film. Tanto meno a Scream che quella bruttezza non voleva neanche rifletterla concentrato com’era sulla sua stessa grammatica fatta di colpo oggetto di discorso.
Cinema nel cinema Scream pagava pedaggio al passato nell’omaggio compassato. Il nuovo mostro uccideva mentre sullo schermo televisivo scorrevano le immagini di Halloween. E il discorso si sposterà ancor più dietro nel secondo quando il cameriere porta il conto in un teatro che sta preparandosi ad ospitare il mito di Cassandra. Colei che come l’horror gridava sciagure cui nessuno credeva. Vecchio e nuovo stavano a riflettersi senza uno specchio. Come in una comica dei fratelli Marx che ha fatalmente perso tutti i tempi esatti della risata.
Craven parlava di una generazione (la sua) ridotta a videocassette e di una nuova che di quelle immagini si nutre senza capirne il senso.
Oggi Scream 4 rilancia il discorso legandosi alla moda del remake. O del sequel remake. O del prequel del sequel rifatto dieci anni dopo.
La dinamica gli riesce bene perché il gioco di riportare sullo schermo è talmente grossolano da risultare sottile ed incapace ad urtare col tono felice del finale splendido del terzo episodio che davvero chiudeva tutti i conti.
Il risultato funziona proprio perché Scream 4 non riapre i vecchi conti. Piuttosto smette di contare in quell’eterno presente che è il mondo cinema che rifà se stesso allo sfinimento.
Scream 4 è il seguito del terzo. Ma potrebbe esserlo anche del secondo. È un remake del primo, ma un film diverso. Si moltiplica, organismo incontrollabile, asserendo ad ogni passo che non prenderà una direzione perché le direzioni nei remake, come nei sequel, sono illusorie e non portano da nessuna parte.
Molta critica già parla di ariosità della regia di Craven scambiando il movimento di macchina per un gesto registico. Scream 4 invece ci pare claustrofobico. Via via sempre più chiuso nel giro delle traiettorie impossibili della trama. Sempre più inscatolato nel suo rapporto con un pubblico che non è già più quello dei primi tre film. Ragion per cui anche il film è un altro rispetto ai primi tre.
Craven mette tra parentesi la morfologia criminale della sceneggiatura di Williamson (questa volta il mostro non si limita ad agire come fosse in un film, ma ne gira uno) e si concentra sul movimento degli specchi. Scream 4 è un caleidoscopio, una lente rifrangente che spezzetta e seziona i vecchi film della saga e li rigira, li rimescola in un’operazione in cui, una volta tanto, il deja-vu è funzionale. È un film che somiglia così tanto a tutti gli altri da non somigliare più a nessuno. Nel mare dei remake fotocopia sporca cui l’industria ci sta abituando, non è poca cosa.


CAST & CREDITS

(Scream 4); Regia: Wes Craven; sceneggiatura: Kevin Williamson; fotografia: Peter Deming, ASC; montaggio: Peter McNulty; musica: Marco Beltrami; interpreti: Neve Campbell, Courtney Cox, David Arquette, Emma Roberts, Lake Bell, Hayden Panettiere, Mary McDonnell, Rory Culkin, Adam Brody; produzione: Wes Craven, Iya Labunka; distribuzione: Moviemax; origine: USA, 2011; durata: 111’


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