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SEI

Pubblicato il 5 dicembre 2019 da Giammario Di Risio


SEI

Un classico della letteratura e del teatro in questo caso affronta un tempo diegetico ridotto; lo spazio è asciutto e la concentrazione, la pulsione emerge dal corpo degli attori in scena. Il tutto viene condito da un lavoro profondo sui vari registri vocali e sulla lotta in quadro tra le due “fazioni”, con la speranza che solo il gioco del teatro, lo sberleffo in scena possa portare alla risoluzione di qualsiasi conflitto.

SEI, adattamento della compagnia Scimone Sframeli dell’opera Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, è un viaggio nella dialettica tra fedeltà al testo originale e ricerca teatrale, in termini di esplorazione dello spazio, gesto fisico e dialettica corporale. In questo trittico è sapiente l’equilibrio che si instaura tra le parole, le riflessioni di Pirandello e il lavoro di scavo della compagnia sulle potenzialità di movimento e di resa fisica dell’attore in scena. Condensata in circa settanta minuti, l’opera palesa una prima parte in cui tutta la preparazione dello spettacolo degli “attori” si presenta ritmata, coordinata da movimenti sinuosi, da passaggi di gesto che armonizzano l’atmosfera e da reiterazioni di linguaggio verbale che dondolano lo sguardo. Nel momento in cui i “personaggi” piombano in scena, ecco che tutto viene rimesso in discussione; su questo versante la voce stridula e frammentata del Padre, la maschera da tragedia greca della Madre o la provocazione erotica, quanto disperata, della Figliastra affettano lo spazio, ribaltano il gioco e fanno emergere lentamente la grande stratificazione, filosofica e metateatrale, del pensiero pirandelliano. Anche la lingua, colorata da innumerevoli registri vocali, è lineare, ironica, ancorata al grottesco per il versante degli “attori” quanto graffiante, oscillante, caratterizzata, sul versante dei “personaggi”. Infine la bambina, automa in scena e versante ultimo della disputa, smembra qualsiasi passaggio a vuoto tenendo ferma, ancorata allo sguardo la riflessione e l’emozione dello spettatore.

Presentata per la prima volta al Teatro Valle il 9 maggio del 1921, quest’opera ha rivoluzionato il modo di percepire, sentire il teatro, allargando l’orizzonte e facendo convergere all’interno del “gioco” nuovi valori scenici e attoriali. Con questo adattamento, in scena dal tre all’otto dicembre al Teatro Vascello di Roma, sentiamo il grande lavoro sperimentale di una compagnia capace, con testi originali e un’esperienza più che ventennale, di studiare in profondità i vari nodi del teatro moderno. Come prima esperienza con un grande classico possiamo affermare che il lavoro è di grande qualità; quest’ultima si rintraccia nel rispetto a ciò che deriva dal genio pirandelliano quanto dalla pasta scenica modellata dagli Sframeli e dalle loro maschere.


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