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Sherlock Holmes

Pubblicato il 29 dicembre 2009 da Simone Isola


Sherlock Holmes

Micidiali colpi d’arti marziali. Inseguimenti su ponteggi sospesi e fughe adrenaliniche con tanto di esplosioni. Non è la nuova avventura di Bond o una mission impossibile; siamo nella Londra vittoriana, dove magia e scienza convivono con culti esoterici e studi scientifici rivoluzionari. Tra il porto e i vicoli stretti e sconnessi della città si agita un’umanità brulicante, che ghigna, sbraita, mostra crocifissi e ha paura del demonio mentre il progresso tecnologico compie un balzo decisivo verso la civiltà moderna. E’ qui che si agisce lo straordinario talento investigativo di Sherlock Holmes, il più grande investigatore d’Inghilterra. Ma la leggendaria indolenza è sparita. L’immagine collettiva dell’uomo longilineo, avvolto nella mantella scozzese, lascia spazio a un moderno supereroe, con tanto di tatuaggi, graffi e lividi. E’ bizzarro e un po’ bohemien. Ma l’Holmes di Ritchie non è discendente diretto di quello di Conan Doyle; c’è un secolo di testi “apocrifi” che hanno collocato l’investigatore inglese nei posti più impensabili, facendolo interagire con Freud, Einstein, Popper. C’è chi l’ha inserito sul tracce dei killer di Kennedy o addirittura nell’ultraspazio. E chi, come il produttore Lionel Wigram, che ne ha tratto un fumetto, rielaborando profondamente il personaggio su nuove prospettive, con un gusto grafico e un’azione tipicamente moderni. Wigram ha allontanato Holmes dal campo esclusivo della letteratura poliziesca e dal romanzo giallo per farne un personaggio del cinema moderno, capace di attrarre un vasto pubblico.

La fedeltà al testo dunque non è un corretto parametro di giudizio, anche se il vero appassionato riconoscerà nel film molti caratteri distintivi del personaggio originale. Ora Holmes non è più un dandy londinese, ma un uomo capace di calci e pugni, che oltre alla logica usa la violenza per portare a termine le sue indagini. Un campione di forza fisica e ingegno, dotato di un cervello portentoso capace di cogliere informazioni da ogni minimo dettaglio. E’ un potere che ha un prezzo, come per altri geni; Holmes vive spesso recluso in casa, quasi da dissociato, perde settimane in esperimenti con insetti, trascura l’ordine e la sua igiene intima. Vive solo per elaborare deduzioni; è un processore che riceve dati dal mondo e ne trae conclusioni logiche sbalorditive. E’ poi un discreto suonatore di violino e tende a mantenersi lontano affettivamente dalle donne per mantenere la mente sempre libera da pensieri distraenti. A ciò si aggiungono vaste conoscenze di chimica dei composti, di veleni, di anatomia. Elementi entrati nell’immaginario collettivo e che il film non tradisce, tenendosi alla larga da facili intrecci sentimentali e da love story con criminali in gonnella. Richtie dona ad Holmes lo stile dei suoi film, il ritmo dinamico, concitato, gli slow motion e i movimenti di macchina sontuosi. Stilisticamente perfette le sequenze nelle quali si esamina la catena logica delle deduzioni di Holmes, con un montaggio vertiginoso e serrato; ricordano la splendida ricostruzione dell’investimento in The Curious Case of Benjamin Button, nella quale si ripercorrono a ritroso tutte le coincidenze che portano all’incidente di Daisy.

Robert Downey Jr. è un interprete di buona fisicità e grande capacità mimetica. Il suo Holmes è svagato, cervellone, a tratti anche pasticcione e poco pratico. Ha bisogno della semplicità quasi rozza del dott. Watson (Jude Law), del suo buon senso, della sua dedizione. La coppia di attori funziona a meraviglia, e l’amicizia quasi filiale del testo originario lascia spazio ad un rapporto più virile, fatto anche di scontri, di battibecchi. Watson ha un’energia nuova, è spesso duro con il suo compagno, lo colpisce con un pugno, lo lascia solo in prigione. I due hanno comunque un rapporto molto stretto, quasi da commedia romantica.

Nel film rivive una spettacolare Londra vittoriana, fatta di colori e fumi grigi, dove i “nuovi” Holmes & Watson devono impedire a Lord Blackwood, un’occultista che con violenti omicidi giunge a capo della massoneria, di attuare un colpo di stato e cambiare l’ordine della Storia. Una figura che si ispira palesemente all’occultista Aleister Crowley, che ebbe nella sua vita diversi contatti con la massoneria e con i governi di potenze europee, tra le quali la Germania nazista. E proprio in questo contesto rivelatore che la logica deduttiva di Holmes diventa una chiave di lettura non solo dei casi, ma dell’intera società dell’epoca. Da un lato una serie di omicidi e di eventi apparentemente inspiegabili e soprannaturali; dall’altro una mente che vive solo di logica e per un metodo d’indagine deduttivo e abduttivo, come direbbero gli sherlockiani, basato nella raccolta sul campo delle prove e degli indizi. Sono i lati contraddittori di fine Ottocento, con il positivismo, la fiducia nella ragione e nella scienza accompagnati da retaggi di superstizione e magia. Alla fine Holmes smaschera tutti i trucchi di Blackwood, dando spiegazioni logiche inappuntabili ai diversi omicidi; ma come ci suggerisce Wittgenstein nelle sue Note sul Ramo d’oro, c’è una forma di pensiero magico che ci è familiare, e che è presente in tutte le culture. L’investigatore si pone dunque come campione assoluto di positivismo all’interno di una società ancora scettica e magica, razionalista e superstiziosa al tempo stesso, facilmente manipolabile (quasi come quella di oggi, direi) dalla stampa. Il film non tradisce questi elementi, li pone semmai in un nuovo contesto; Holmes non è più impegnato a risolvere “un caso” ma a “salvare il mondo”. Ma lo spirito del personaggio è tratto in salvo; l’inevitabile scontro non è solo tra bene e male, ma tra ragione e magia, logica e superstizione.

In conclusione, il film ha un’idea visiva autonoma rispetto al libro e al tempo stesso non estranea. Guy Ritchie strizza l’occhio al cinema mainstream contemporaneo, agli action movie adrenalinici; vince la sfida restando fedele al materiale originale, lo rispetta e da al personaggio un nuovo respiro, lasciandosi la porta aperta per un sequel. Il giocattolo insomma funziona bene, diverte e non è solo per i più piccoli. E chissà che dietro la massoneria e il corpo di Blackwood che ondeggia impiccato sul ponte in costruzione non si nascondano oscuri riverberi di Frati Neri e di tanta storia italiana.


CAST & CREDITS

(Sherlock Holmes); Regia:Guy Ritchie; sceneggiatura: Simon Kinberg, Mike Johnson, Anthony Peckham, Guy Ritchie; fotografia: Philippe Rousselot; montaggio: James Herbert; musiche: Hans Zimmer; interpreti: Robert Downey Jr.(Sherlock Holmes), Jude Law (Dr. John Watson), Rachel McAdams (Irene Adler), Mark Strong (Lord Blackwood). Produzione: Lin Pictures, Silver Pictures, Village Roadshow Pictures, Wigram Productions. Paese: UK/USA/Australia, 2009. Durata: 139’


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