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SICILIA QUEER filmfest

Pubblicato il 19 giugno 2011 da Salvatore Salviano Miceli


SICILIA QUEER filmfest

Primo Festival cinematografico internazionale a tematica queer in Sicilia, il SICILIA QUEER filmfest inizierà le sue proiezioni a Palermo il 20 giugno per concludersi il 26, dopo mesi di proficua ed intensa attività sul territorio per divulgare una “prospettiva trasversale” che è lontana dal riguardare solo lo sguardo cinematografico ma che, al contrario, comprende vita sociale e politica. C’è un concetto che ritorna spesso nelle parole di Alessandro Rais, Direttore Artistico di un Festival e di una squadra che, a fronte di un budget piuttosto risibile e di un atteggiamento non proprio entusiasta e partecipe delle istituzioni politiche, ha saputo costruire con passione un percorso di sensibilizzazione che ha il suo culmine nella prossima settimana. È il concetto di “trasversalità”. Termine che include e non esclude e che forse dovrebbe essere usato più spesso e con maggiore coraggio.

Partiamo da una definizione. Cosa si intende per Queer?

Queer è un termine che una mia cara amica definisce insaturo. Etimologicamente significa trasversale ed era uno dei tanti modi offensivi per identificare gli omosessuali. È un punto di vista, non una categoria. Ancora meglio una prospettiva per leggere sia l’orientamento sessuale che le diverse modalità di fare cinema. E le Nuove Visioni, cui ci riferiamo nel sottotitolo del Festival, vogliono proprio ricondurre ad un modo di guardare il cinema che sia indipendente o comunque non esclusivamente legato al suo riferimento alle tematiche GLBT (gay, lesbiche, bisex e transgender). Abbiamo quindi deciso di ospitare, nelle varie tappe di avvicinamento al festival, dei film che ci sembravano importanti come esempio di cinema controcorrente e alternativo. È il caso di Pietro di Daniele Gaglianone, presentato in anteprima siciliana.

Il Festival è già al lavoro da parecchi mesi.

Credo sia il difetto di molti Festival quello di esaurirsi in un unico evento, nel breve spazio di una settimana o poco più, senza mostrare continuità e delle attività in grado di incidere sul territorio. Abbiamo ritenuto quindi che tematiche come l’orientamento di genere e la differenza sessuale, con ricadute sociali e politiche assai importanti, meritassero proprio delle attività permanenti. Due le modalità. Una squisitamente cinematografica, organizzando una anteprima al mese da novembre a maggio. Ed una, Prospettiva Queer, di natura educativa. Grazie all’appoggio entusiasta e assolutamente gratuito di molti docenti abbiamo organizzato un seminario universitario della durata di cinque mesi. Nei licei abbiamo, poi, istituito dei corsi di educazione alla sessualità con approfondimenti sulla omosessualità e nelle scuole inferiori un progetto sperimentale,Baby Queer, con una tavola rotonda ed un laboratorio presso una quinta elementare.

Che appoggio, se c’è stato, avete avuto dalle Istituzioni?

Spiace essersi dovuti confrontare con l’assenza di finanziamenti comunali e regionali e, ancora di più, con l’inadeguatezza dello strumento normativo siciliano che permetterebbe di appoggiare economicamente i festival cinematografici. Ci hanno aiutato gli Istituti di cultura stranieri (Goethe-Institut, Centre Culturel Francais e Instituto Cervantes). Mi piace sottolineare anche il contributo della Fondazione Buttitta e delle Officine di Studi Medievali. Abbiamo ottenuto il Patrocinio della Comunità Europea e della Commissaria per l’educazione, la cultura e la gioventù. Ma la soddisfazione più grande è stata lavorare fianco a fianco con persone che hanno investito passione e professionalità pur consapevoli di non vedere retribuito il proprio lavoro.

Come e da dove è nata l’idea?

È nata sull’onda del successo del Sicilia Pride del 2010, che credo possa essere identificata come una delle più grandi manifestazioni politiche palermitane dello scorso anno. In quell’occasione si è evidenziata la capacità di venire allo scoperto della comunità omosessuale palermitana e la condivisione dei diritti civili da parte della città tutta, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Ci siamo resi conto che sisteva la possibilità di un nuovo tipo di proposta culturale e abbiamo deciso di cercare di dare spazio ad un cinema d’autore che, indipendentemente dalla tematica, spesso sfida le regole consuete del mercato e di una distribuzione che in più di un caso ha abbastanza inspiegabilmente bocciato le nostre richieste di pellicole adducendo motivazioni incomprensibili. Per questo non avremo Tomboy, di Céline Sciamma, a cui avremmo voluto fare aprire il Festival, che pur avendo trovato distribuzione nazionale, difficilmente arriverà nelle sale siciliane. Di contro, molti altri produttori e distributori hanno capito lo spirito militante del Festival dando più di un aiuto per reperire e poter proiettare le pellicole scelte.

Tanti hanno detto subito si.

Roberta Torre ha condiviso da subito la scelta e, oltre al suo ruolo di giurata, ci ha regalato la sigla del Festival montando un set meraviglioso e facendo casting durante il Palermo Pride. Maria Grazia Cucinotta, madrina del World Pride di Roma del 2000, mi ha da subito assicurato la sua presenza durante la serata di premiazione. E mi fa, poi, particolarmente piacere avere come Direttore di Giuria Wieland Speck, Direttore della sezione Panorama del “Festival internazionale del cinema di Berlino”.

Cosa dobbiamo aspettarci dal Festival?

La sezione competitiva l’abbiamo riservata ai cortometraggi. 20 quelli in concorso. Per i lungometraggi abbiamo deciso di fare una panoramica tra i film più interessanti tra quelli recenti. Segnalo Les amours imaginaires di Xavier Dolan, diciannovenne alla seconda regia. Break My Fall è una bellissima opera prima di una regista inglese, Kanchi Wichmann, a tematica gay-lesbica. Poi c’è L.A. Zombie, di Bruce LaBruce, autore molto conosciuto nel panorama festivaliero internazionale. Credo sia assai interessante dare conto della sua prospettiva punk sul Queer. Proprio sulla sua figura, in anteprima nazionale, abbiamo un documentario, The Advocate for Fagdom, di Angélique Bosio. Mi piace anche ricordare la proiezione di Un Chant d’Amour di Jean Genet. Cito tra i documentari quello di Alessandro Golinelli e Rocco Bernini, Angels on Death Row, sulla persecuzione degli omosessuali in Iran, e un altro lavoro molto interessante come quello di Adele Tulli, 365 Without 377, che rintraccia i cambiamenti avvenuti in India ad un anno di distanza dalla abrogazione delle legge 377.

E poi c’è Rita, cortometraggio pluripremiato e mai presentato a Palermo.

Rita, primo film che proietteremo nella serata inaugurale, è proprio un esempio sintomatico delle Nuove Visoni di cui abbiamo parlato. Credo sia anche un risarcimento nei confronti di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia e spero possa essere anche di buon auspicio rispetto al loro prossimo progetto, Salvo, sempre da girare all’Arenella (quartiere storico di Palermo n.d.r.) e che necessita di un ulteriore ultimo tassello dalla Film Commission Siciliana per iniziare la produzione. Spero che almeno per loro, al contrario di come accaduto per Daniele Ciprì, non diventi impossibile girare in Sicilia. Altro risarcimento è nei confronti di Luca Guadagnino e del suo Io Sono l’Amore, apprezzato in tutta Europa e negli Stati Uniti, tanto da ricevere la nomination agli Oscar, e passato per pochissimo tempo nella sale palermitane.

Il Festival sarà un successo se…?

Non vogliamo un Festival di nicchia o di ghetto, ma uno spazio non autoreferenziale rispetto alla tematica proposta e che venga visitato dal pubblico più eterogeneo. Che contribuisca ad una crescita di conoscenza e di consapevolezza nei confronti dell’orientamento sessuale in una terra, la Sicilia, che per quanto tollerante non è forse del tutto ancora rispettosa ed inclusiva. Spero, infine, che il pubblico palermitano riesca a vincere quella abitudine mentale per cui la cultura non si paga e che ci sia una risposta tale da suscitare l’attenzione, per la prossima edizione, di nuovi investitori privati.


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