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Somewhere

Pubblicato il 3 settembre 2010 da Salvatore Salviano Miceli


Somewhere

Ricordate Lost in Traslation e la sua atmosfera sospesa? Lo sguardo a metà tra il trasognato ed il disilluso di uno straordinario Bill Murray, eco di un universo, quello giapponese, percepito al contempo affascinante e alieno? Ecco, Sofia Coppola porta in concorso un film che tanto ricorda la pellicola del 2003 (forse anche per la presenza della stessa scenografa e montatrice) che, a ben ragione, anche dopo il convincente esordio de Il giardino delle vergini suicide, la lanciò tra le autrici più interessanti del panorama internazionale.
Somewhere, tra minimalismo e rarefazione, racconta il momento di crisi di un giovane attore di successo americano senza risparmiare, al contrario calcando la mano pur tenendosi intelligentemente alla larga da noiose derive moraliste, il mondo dello spettacolo in tutti i suoi componenti (interpreti, agenti, giornalisti) e dedicando una ben poco lusinghiera parentesi, tanto graffiante quanto veritiera, all’idea italiana di show business e intrattenimento televisivo. Così Simona Ventura, Valeria Marini e Nino Frassica danno ampio sfoggio della “cafoneria” messa in mostra dal nostro piccolo schermo.
Il punto di forza del film, cosa che contraddistingue la Coppola in ogni sua pellicola, è la capacità di mantenere un tono algido ma non distaccato, in grado di creare un clima profondamente intimista, di avvicinare lo spettatore ai personaggi pur senza sfruttare squallidi patetismi.
Somewhere non possiede la compattezza e la profondità di Lost in Traslation ma rivela il consolidato talento della sua regista anche nella scrittura. Azzeccata la scelta di Stephen Dorff, attore un po’ dimenticato, come protagonista. Bello il racconto della riscoperta del rapporto tra padre e figlia. Convincente proprio perché privo di buonismo, lontano dal risolversi con esiti scontati e prevedibili. Non stona l’ambiente metropolitano di Los Angeles, non luogo per eccellenza, perfetta rappresentazione urbana ed architettonica del disorientamento emotivo ed esistenziale che gira intorno al personaggio principale. Ed a volere ancora di più sottolineare lo sguardo della Coppola sullo star system, Johnny, questo il nome del protagonista, vive in uno dei luoghi mitici della leggenda Hollywoodiana. Quello Chateau Marmont dove morì John Belushi nel 1982 e residenza per lunghi periodi delle più importanti star del cinema americano.
C’è forse un sottile autocompiacimento nelle scelte narrative della regista (la Coppola è brava e sa di esserlo) ma è un peccato assolutamente veniale di fronte ad un film che appare un po’ “povero” proprio perché evidenzia, senza alcuna retorica (giova ricordarlo), le miserie della vita pubblica e privata di un uomo.
Dopo la parentesi, interessante nelle intenzioni ma deludente sullo schermo, di Marie Antoniette, la regista torna a temi probabilmente più vicini alla sua poetica ideale ed al suo modo di intendere il racconto cinematografico con inquadrature che risultano un buon mix tra amarezza ed ironia. Buon film Somewhere. Se da Leone d’Oro sarà il vecchio fidanzato Tarantino, ed i suoi colleghi giurati, a deciderlo.


CAST & CREDITS

Somewhere); Regia e sceneggiatura: Sofia Coppola; fotografia:Harris Savides; montaggio: Sarah Flack; scenografia: Anne Ross; interpreti: Stephen Dorff, Elle Flanning, Chris Pontius; produzione: Zoetrope ; origine: Usa, 2010; durata: 98‘.


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