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Stagioni in Città, ovvero le Avventure di Marcovaldo

Pubblicato il 19 gennaio 2016 da Alessandro Izzi


Stagioni in Città, ovvero le Avventure di Marcovaldo

Rimane deluso chi si aspetta semplicemente una bella favola di giochi e di avventure.
Stagioni in Città, ovvero le Avventure di Marcovaldo, infatti, non è propriamente teatro di narrazione, ma rivela sin dalle prime battute un’anima diversa, più complessa, più profonda.
L’operazione pensata da Titta Ceccano e dal Matutateatro è ardita e nuova, pur nel suo appoggiarsi a una tradizione che si è fatta storia e senso scolpito nella pietra morbida della pratica.
Le parole calviniane, qui, non sono spunto per un libero esercizio della fantasia, ma spina dorsale di un’intera riscrittura che passa per tutti i gradi possibili della messa in scena. Esse non sono semplicemente offerte al pubblico, ma frullate e rifratte in un complesso caleidoscopio continuamente cangiante. Camminano sulle bocche degli attori che le lanciano verso il pubblico lasciandole in uno stato liminale tra il semplice gesto sonoro e il suo necessario rimando ad un significato.
In questo modo la storia raccontata, prima ancora che essere pagina di un libro messa in voce, diventa spazio per una partitura tutta musicale che invita a ogni passo a guardare oltre e sotto le cose raccontate.
La voce e il suo spazio diventano così gli unici veri elementi della scena. Ogni altra cosa sarebbe un inciampo al libero gioco dell’associazione dei timbri, degli strumenti e della presenza fisica degli attori che allude (e illude) continuamente, nel vuoto nero del fondale, al mondo dei racconti di Calvino.
Così la regia diventa partitura, rigida e forte, e la messa in scena un mirabile quartetto per voci e gesti in cui riconosci in bella mostra, uno a uno, tutti i luoghi comuni dello spettacolo per ragazzi, ma riportati in un balletto astratto in cui ti sembra quasi che Duchamp incontri i colori di Chagall e il senso continuo dell’altrove di un Magritte.
Che la storia si sperda un poco nei gesti e nei giochi sonori è di per sé poco importante, perché qui conta la forma, l’espressione musicale, il gioco combinatorio che restituisce l’idea attraverso la suggestione delle atmosfere.
E in questo lo spettacolo disegna benissimo i colori brumosi dell’autunno con il suo carico di umido, come l’incanto uniforme della neve. E dà senso allo spaesamento di un cielo stellato coperto dall’inquinamento luminoso delle insegne pubblicitarie della città.
Tutto dato in musica, di quella che ti resta dentro anche se non te ne accorgi a tutta prima. Una magia rara a teatro.
In fondo Stagioni in Città, ovvero le Avventure di Marcovaldo è uno spettacolo da vedere con le orecchie e da ascoltare con gli occhi.
Uno spettacolo che ha trovato il motivo di gran parte della sua poesia nel perfetto affiatamento degli interpreti: un quartetto di giovani attori che dire formidabile è poco.
Tenendosi a un passo dal mimo e a un altro dal canto, l’ensemble di artisti lavora sui tempi della messa in scena con una precisione a tratti millimetrica. Elena Alfonsi, l’unica donna del gruppo, riesce nella difficile impresa di tenere sulle sue sole spalle il segmento notturno e sinuoso del giardino dei gatti ostinati, con tutti gli altri che disegnano sullo sfondo i movimenti e i miagolii dei felini. Di questi ultimi, Alessandro Balestrieri, Danilo Sarego e Andrea Zaccheo, è praticamente impossibile dire chi risulti più convincente, più perfettamente calato nel gioco di ensemble, chi più espressivo.
Stagioni in Città, ovvero le Avventure di Marcovaldo finisce così per essere spazio di una sperimentazione teatrale convincente e bella. Splendida palestra di rilettura per chi conosce già le meravigliose novelle di Calvino. Luogo di sorpresa, scevro da facili scorciatoie spettacolari per gli amanti del teatro. Forse strano per i bambini più piccoli. Ma strano non è forse un aggettivo che piacerebbe immensamente a Calvino?


Stagioni in Città, ovvero le Avventure di Marcovaldo
con Elena Alfonsi, Alessandro Balestrieri, Danilo Sarego e Andrea Zaccheo
drammaturgia e regia: Titta Ceccano
musiche e canzoni: Cerino


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