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Suicide squad - Perché no

Pubblicato il 20 agosto 2016 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Suicide squad - Perché no

"Siamo cattivi, siamo fatti così!"
- Harley Quinn

Tentare di tenere il passo con il Marvel cinematic universe, per la nemesi di una vita Dc Comics, sta assumendo con il tempo dimensioni e fattezze di una missione impossibile (di quelle che farebbero impallidire perfino l’arrembante agente Ethan Hawke). Così, nell’anno del dualismo a colpi di effetti speciali e franchise impazzito delle guerre interne tra supereroi (Capitan America – Civil war da parte Marvel, a cui ha risposto Batman v Superman di marca DC), la guerra continua senza esclusione di colpi: poteva la DC esimersi dal presentare una versione tutta sua dei Guardiani della galassia, ammiccando ancor di più ai perfidi Thunderbolts marvelliani, non ancora presentati su grande o piccolo schermo? Certo che no. Ecco, dunque, Suicide squad, la banda di fuorilegge carcerati e fuori di testa, destinati a far comunella per salvare il mondo da una minaccia che (forse) nemmeno Superman avrebbe potuto annientare.

Per l’occasione è stato chiamato David Ayer (già regista del recente e pregevole Fury), con il compito di far coesistere un nutrito cast di star e mezze star hollywoodiane, confezionare un prodotto in grado di richiamare folle di spettatori, giocando sugli eccessi di genere, su un marketing avvilente e sui volti idolatrati di icone pop del cinema mainstream dei giorni nostri.

Già dai titoli di testa si intuisce con facilità quale sarà il tono prescelto per Suicide squad: colori sgargianti, montaggio frenetico, intestazioni in stile comics, colonna sonora composta da grandi classici rock che ammiccano smaliziati al lato oscuro dell’operazione di Ayer (The house of the rising sun degli Animals, Sympathy for the devil dei Rolling Stone, Seven nation army dei White stripes, per citarne alcune); e come incipit non si potrebbe chiedere di meglio, perchè la presentazione dei personaggi fila liscia che è un piacere, il montaggio incalzante aumenta la tensione drammatica e c’è spazio anche per il Batman di Ben Affleck.
Ma una volta terminate le dovute presentazioni, quand’è che sul film ricade l’obbligo di mostrare la storia, anzichè raccontarla, il terreno sotto i piedi di Suicide squad si sgretola come ghiaccio troppo sottile e tutto cade in rovina.

Suicide squad è un film che sembra non avere una trama o, meglio, è costruito su una sorta di paradosso narrativo: il motivo per il quale la cinica Amanda Waller (Viola Davis) ha intenzione di metter su la “squadra suicidio” risiede nella possibilità di avere un’arma per poter combattere un nuovo Superman, all’occorrenza malvagio, ma tale operazione è improvvisata in maniera aleatoria, in un momento storico in cui non esiste tale minaccia da affrontare e sconfiggere; l’avversario che si paleserà, Incantatrice (interpretata dall’affascinante e teneborsa Cara Delevigne) è, in realtà, uno dei membri scelti per la squadra di cattivoni, che agirà soltanto a formazione assemblata. Il paradosso narrativo sta tutto qui, nell’assenza di un prologo, del nesso causale reale e croncreto (non ipotetico come l’arrivo futuro di un essere potente quanto Superman, ma con scopi malvagi), che avrebbe dovuto innescare l’effetto consequenziale: un intoppo non da poco, che non regge per due motivi, in primo luogo perchè tutti i membri della suicide squad non sono a conoscenza della natura del loro avversario fino a pochi attimi prima della resa dei conti finale e, in ultimo, perchè provando a giustificare la scelta degli sceneggiatori con un ammonimento (“Vedete cosa accade se ci si affida ai cattivi, anzichè ai buoni?”) verrebbe a cadere anche il senso didattico della pellicola, considerato che Ayer spende più di una manciata di sequenze ammorbidendo gli animi oscuri dei protagonisti, alla perpetua e irritante ricerca di un lato buono, una voglia disperata di normalità. Una dimostrazione di come basterebbe fissare l’obiettivo da raggiungere tramite una sola e semplice idea, senza lasciarsi tentare da molteplici scelte, assaggiandole tutte, senza gustarne nessuna.

Non meno criticabile risulta la gestione dei personaggi, a cominciare dalla presenza dell’attesissimo Joker interpretato da un Jared Leto osannato in seguito all’Oscar ricevuto (meritato!) per la sua performance in Dallas buyers club: difficile lavare via il ricordo del caotico Joker di Heath Ledger, ma va reso merito a Leto di provare a modellare la maschera della nemesi dell’uomo pipistrello a sua immagine e somiglianza, con pose splapstick e molte più smorfie di quante battute gli siano affibiate; il problema, tuttavia, non risiede nella performance in se, quanto nell’inutilità del personaggio, che nulla centra con l’operazione “squadra suicidio”, finendo col trasformare in mero e macchiettistico personaggio di contorno il miglior criminale della storia dei fumetti. Dietro di lui vanno annoverati Capitan Boomerang (Jai Courtney), Slipknot (Adam Beach) e l’interessante Katana (Karen Fukuhara), relegati ai margini dell’azione, quasi dimenticati, appendici superflue, sacrificate alle divinità da botteghino Will Smith (nei panni di Deadshot), Margot Robbie (Harley Quinn, degna d’attenzioni nelle fasi iniziali, isterica e irritante a lungo andare) e lo stesso Jared Leto/Joker.

Per quanto la capacità e l’intraprendenza regista di David Ayer riescano a valorizzare la pellicola soprattutto durante le sequenze d’azione, grazie a un montaggio dinamico e fluido, Suicide squad non dimostra di poter raggiungere quella credibilità e solidità che i cinefili fan del genere si aspettavano, affossata oltremodo da scelte di scrittura quantomai inverosimili (come può una mina annientare un essere ultraterreno proveniente da un’altra dimensione?). Eppure le premesse lasciavano presagire risultati, seppur non eccellenti, per lo meno convincenti, incalzati da un progetto coraggioso nella scelta del soggetto, saggio nella scelta della guida tecnica, aggressivo e spregiudicato nella forma. Al contrario tutto si risolve in un maldestro scivolone ipercinetico, lasciando lo spettatore disorientato, confuso da una trama che si accartoccia su se stessa, imbellettata da dialoghi ai limiti del ridicolo, strenui ricerche di finti colpi a effetto e tante (troppe) promesse seppellite da trucco e clichè.
La guerra Marvel vs. DC continua. Quel che è certo è che dopo la monumentale trilogia del Cavaliere Oscuro nolaniana, la DC ha conosciuto solo progetti senz’anima, passi falsi e missioni suicide.

LEGGI IL PERCHÈ SÌ


CAST & CREDITS

(Suicide squad); Regia: David Ayer; sceneggiatura: David Ayer, John Ostrander (fumetto); fotografia: Roman Vasyanov; montaggio: John Gilroy; musica: Steven Price; interpreti: Will Smith, Jared Leto, Margot Robbie, Joel Kinnaman, Viola Davis, Jai Courtney, Jay Hernandez, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Karen Fukuhara, Ike Barinholtz, Scott Eastwood, Cara Delevingne; produzione: Atlas Entertainment, DC Entertainment, RatPac-Dune Entertainment; distribuzione: Warner Bros. Pictures; origine: U.S.A., 2016; durata: 130’


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