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Sul filo del rasoio – i personaggi del cinema di Reitman

Pubblicato il 28 gennaio 2010 da Arianna Pagliara


Sul filo del rasoio – i personaggi del cinema di Reitman

Dopo gli effluvi caustici di Thank you for smoking e la prorompente freschezza di Juno, il giovane americano Jason Reitman conferma il proprio talento con Tra le nuvole, ancora una commedia dolce-amara, curata – come i precedenti film del resto – fino al minimo dettaglio e in cui George Clooney appare perfettamente a proprio agio nei panni del single indipendente e sicuro di sé che si ritrova, infine, a fare i conti con i vuoti e le mancanze della propria vita.
C’è un filo rosso che lega il Nick Naylor (Aaron Eckhart) del primo lungometraggio di Reitman al Ryan Bingham del suo ultimo film: sono entrambi uomini che vivono, per così dire, delle loro parole, ovvero della loro capacità, tutta verbale, di fare accettare l’inaccettabile e di difendere l’indifendibile. Il primo cerca di convincere l’America che le sigarette non siano dannose, il secondo viene pagato per licenziare dipendenti di società i cui titolari sono troppo codardi per farlo da sé. Eppure questi personaggi non sono dei mostri: la zona liminale (dell’etica e della morale) in cui si trovano a vivere appartiene a pieno titolo, suggerisce Reitman, alla normalità. Una normalità, questa, in cui non ha più senso cercare il confine tra verità e menzogna: il valore effettivo delle cose non sta più nella loro essenza ma nella loro apparenza, nel modo in cui esse ci vengono presentate, o – potremmo dire – vendute.
Tuttavia, parte del cinismo che caratterizzava l’ironia di Thank you for smoking, nella storia di Ryan Bingham ha lasciato il posto a una meditazione più dolce e più ampia sulla solitudine e sul valore dei rapporti umani. In questo senso però, duole dirlo, il discorso di Reitman perde qualcosa in originalità e incisività. Infatti i passaggi più riusciti di Tra le nuvole restano quelli in cui, nella vita del protagonista, i nodi non sono ancora arrivati al pettine e Ryan è ancora strenuamente convinto della giustezza e della fondatezza del suo stile di vita, del suo essere libero e autosufficiente; tutto questo Reitman ce lo racconta con quel gusto del sarcasmo e quei toni giocosamente graffianti che gli sono propri.
E’ interessante notare come gli epiloghi dei due film, apparentemente affini, siano in realtà la riprova di uno scarto profondo che si è venuto a creare tra i due personaggi. Nick Naylor si licenzia dalla Big Tobacco: scrupoli di coscienza, pentimenti? Neanche per sogno. Eccolo nell’ultima sequenza che istruisce i suoi nuovi colleghi su come affrontare il problema delle onde cancerogene diffuse dai telefoni cellulari, caso mai si fosse chiamati a parlarne in pubblico. Ogni killer (dalle sigarette ai telefonini), in fondo, merita di avere un suo avvocato. Tutto è cambiato ma nulla è cambiato insomma: Naylor non si arrende e, trionfante e deciso come sempre, inizia un’altra delle sue paradossali battaglie. Questa è la sua vita, la vita che consapevolmente ha scelto.
Anche il protagonista di Tra le nuvole, alla fine, tornerà da dove è venuto: su nel cielo, da solo, in uno dei suoi innumerevoli viaggi aerei, in cui tutto gli viene fornito in “monoporzioni”. I legami affettivi, le relazioni, gli amori – troppo pesanti – restano a terra. Ma stavolta non si tratta di una scelta: Ryan Bingham non è più Nick Naylor. Lui ha provato a scendere giù dalle nuvole per ancorarsi a terra: ma forse quello non è più il suo posto, o forse laggiù non c’è più posto per lui. Se quello di Thank you for smoking è un finale beffardo, questa è invece una conclusione amara a malinconica.
Nick Naylor e Ryan Bingham continuano perciò a camminare sul filo del rasoio, il primo per scelta e il secondo perché, a quanto sembra, non trova altra strada da percorrere. Entrambi i personaggi sono, in maniera differente, “effetti collaterali” delle dinamiche profondamente contraddittorie di una società che, dopo averli direttamente generati, li emargina. Entrambi traggono profitto da qualcosa che nuoce ad altri: le sigarette per Naylor (che non le produce ma, cosa ancor più paradossale, ne deve garantire la vendibilità, deve cioè “difenderle” dai loro numerosi detrattori) e la crisi economica – ovvero i licenziamenti – per Bingham: il suo lavoro inizia quando gli altri perdono il proprio.
In questo panorama di desolanti paradossi, per fortuna raccontato anzitutto attraverso i suoi aspetti (tragi)comici, spicca una presenza che appare aliena per la sua profonda, radicale diversità: Juno, frizzante protagonista del secondo, apprezzatissimo, lungometraggio del regista americano. La briosa, vivace sedicenne che resta incinta e affronta la sua gravidanza con inaspettata maturità e insieme con sorprendente leggerezza trova la sua forza proprio in ciò che agli altri protagonisti di Reitman manca completamente: la spontaneità, la sincerità, la purezza, la fiducia. Anche lei, a proprio modo, cammina sul filo del rasoio, procedendo in un territorio liminale, in cui le cose rischiano di diventare estreme: ma il suo candore riporta tutto entro una serena normalità, anche il fatto di essere, è il caso di dire, una bambina che sta per diventare mamma.
Juno fa ciò che desidera, sfida i luoghi comuni, le convenzioni, la morale. Anche Naylor e Bingham, in modo diverso e opposto rispetto a lei, lo fanno: la loro è una sfida voluta e consapevole dove quella di Juno è invece istintiva e naturale; il loro è un lavoro – da cui si trae un profitto – mentre quello di Juno è, più semplicemente, un modo, del tutto disinteressato, di vivere la propria libertà. E’ forse anche per questo che la giovanissima Ellen Page di Juno, film vincitore del Festival del Cinema di Roma 2007, resta impressa nella memoria perfino più del navigato, bravissimo Clooney di Tra le nuvole.


Leggi la recensione a Tra le nuvole

e l’articolo di approfondimento Cioccolato e libertà, ovvero della democrazia dei costumi


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