Cammina sul binario dei ricordi Salvo Cuccia nel suo Summer 82 When Zappa Came To Sicily. E a questo probabilmente si deve quel senso di immediata vicinanza, quasi di confidenza, che il documentario offre a chi lo osserva, favorendo la visione e la partecipazione emotiva.
Nell’estate del 1982 Zappa compie il suo primo e ultimo tour europeo toccando l’Italia in più di una data e concludendo con il concerto di Palermo. Tante le storie e le coincidenze che si intrecciano. Il 14 luglio, giorno scelto per l’esibizione, la città vive una delle sue feste più antiche, che si rinnova di anno in anno, dedicata al suo patrono, Santa Rosalia. Cuccia è ad Aviano e aspetta che il padre, in Germania per lavoro, lo passi a prendere per attraversare l’Italia e tornare a casa, così da assistere insieme all’evento che vede il suo cantante più amato esibirsi nella sua città. Quel viaggio, che non riuscirà nel suo intento - i due arriveranno troppo tardi a Palermo - sarà però l’ultima grande esperienza vissuta insieme al genitore che, pochi mesi dopo, morirà.
Il documentario racconta con dovizia di particolari, sfruttando l’archivio per la prima volta messo a disposizione dalla famiglia Zappa, la venuta nella sua terra di origine dell’artista italoamericano, vissuta sia attraverso i numerosi filmati originali che seguendo gli sguardi commossi dei familiari del cantante, mentre in qualche modo si rimpossessano delle proprie radici e di una memoria mai conosciuta, passeggiando tra le piccole strade di Partinico.
Tra esibizioni, echi di scontri con la polizia di cui non abbiamo immagini ma solo le reazioni di una band che resta a suonare sul palco smarrita (la tappa palermitana del tour fu sospesa proprio per improvvisi e accesi tafferugli tra poliziotti e pubblico), tracce biografiche che ricordano lo Zappa artista e uomo, arriva forte l’esigenza di Cuccia di riabbracciare il ricordo di quell’ultimo viaggio fatto con il padre.
Ecco perché la memoria inizia prendere differenti direzioni, così mentre lo sguardo segue la musica e il ritratto del cantante, il pensiero corre a quella storia parallela e personale che il regista racconta giocando con i fuori campo, tramite una voce narrante che costruisce e delimita le direzioni e i percorsi di questo bel documentario.
È un lavoro di ricerca quello di Cuccia, tanto delle fonti e della documentazione, quanto - meno che in altri suoi lavori - dell’immagine. I diversi formati creano i legami tra le differenti fasi temporali in cui si svolge il racconto. Passato e presente però, soprattutto nel finale, finiscono per abbracciarsi, dando il senso di un qualcosa che si era interrotto e che adesso, finalmente, trent’anni dopo, ha trovato compimento.