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Summer in the City (VIII): El Olivo

Pubblicato il 29 agosto 2016 da Matteo Galli
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Summer in the City (VIII): El Olivo

Dall’altro ieri Berlino regala inaspettatamente uno scampolo di estate dopo che per settimane non c’è stato giorno in cui la pioggia o le nuvole non avessero il sopravvento. E’ da poco quindi che è possibile compiutamente gustare una opportunità coraggiosa, qua e là forse un po’ ardita, che negli ultimi anni si è consolidata nella capitale tedesca, ossia andare a vedere i film nei cinema all’aperto. Ve ne sono non meno di quindici in tutta la città, per lo più nei numerosi parchi, ma anche in luoghi auratici tipo il Kulturforum, nella zona della Nationalgalerie (Mies van der Rohe), della Philharmonie e della Staatsbiblothek (entrambe di Hans Scharoun) o presso il colonnato dell’Isola dei Musei. Anche in serate un po’ più miti come queste, i berlinesi arrivano attrezzatissimi, con maglioni, giacche a vento e coperte perché a un certo punto la temperatura, in ogni caso, si abbassa parecchio. Al cinema all’aperto situato nello splendido parco di Friedrichshain abbiamo visto in prima cittadina, alla presenza della regista e degli interpreti, la co-produzione tedesco-ispanica, intitolata El Olivo, girato dalla regista madrilena Icíar Bollaín e scritto dalla sceneggiatore scozzese Paul Laverty, suo marito, autore di ben 13 sceneggiature di film girati da Ken Loach. I due avevano già collaborato per un bel film, passato alla Berlinale del 2011 e poi anche a Pesaro, che si intitolava También la lluvia (http://www.close-up.it/pesaro-2011-tambien-la-lluvia-fuori-concorso) che, per certi aspetti, somigliava a El Olivo: entrambi film di denuncia, entrambi film con una marcata dialettica interculturale e (post-)coloniale, entrambi schierati, affetti da quel manicheismo che ben conosciamo anche nei film di Loach. Ma mentre También la lluvia compensava quest’ultimo difetto con una struttura narrativa piuttosto complessa e con un ampio ventaglio di personaggi, El Olivo risulta del tutto privo di complessità, elementare, per non dire rozzo. La storia si racconta in venti parole: un anziano contadino è costretto a vendere un olivo millenario piantato nella campagna aragonese, da quel momento ammutolisce e di fatto si lascia morire, la nipote, cresciuta su quell’albero e con il nonno, decide di fare di tutto per riportarlo in patria. Perché, nel frattempo, l’olivo è, non ci crederete, finito nella lounge di una megaditta di Düsseldorf che, fra e altre cose, usa proprio quell’albero come logo. Ed ecco che nipote, zio, e un giovanotto neanche troppo segretamente innamorato della ragazza partono con un truck, un viaggio della speranza verso Düsseldorf per riprendersi, non si sa come, quell’albero gigantesco e caricarlo sul camion. Per convincere i compagni di viaggio Alma, la nipote, inventa che gli acquirenti hanno deciso di loro spontanea volontà di restituire l’olivo. E mette di mezzo anche i social network per avere appoggio in loco. Ci riusciranno? Non crediamo che questo film arrivi in Italia e quindi si potrebbe anche spoilerare, ma non lo facciamo. Il grosso problema di El Olivo è contrariamente alle attese proprio la sceneggiatura, un testo talmente esile che in un più d’una occasione ci si accorge benissimo che regista, sceneggiatore (e anche montatore), in assenza di idee, hanno deliberatamente lasciato improvvisare gli attori, le situazioni si ripetono oltre ogni dire, come quando lo zio e l’amico capiscono – nel piazzale di fronte all’ingresso della megaditta - che Alma li ha ingannati, lo zio, soprattutto, si arrabbia ferocemente e la scena dura almeno il doppio di quanto dovrebbe. Frutto di quel manicheismo semplicistico di cui si diceva, il film vorrebbe essere anche un’allegoria diciamo così coloniale dell’Europa dei ricchi (i tedeschi) e dei poveri (gli spagnoli), ma si tratta di un’allegoria talmente banale da risultare fastidiosa. Come se non bastasse: i non pochi soldi ricavati dalla vendita dell’olivo sono guarda caso andati in malora, nella crisi finanziaria del 2008. Due degli otto euro pagati per entrare al parco di Friedrichshain vanno a una ONG che si occupa di ri-piantare olivi nelle campagne spagnole, con tanto di spot illustrativo che ha preceduto il film, ampiamente finanziato da tutte le film commission tedesche possibili e immaginabili. L’iniziativa si chiama "Adotta un olivo": tutto molto nobile, tutto molto apprezzabile, ma un buon film è un’altra cosa.


(El Olivo). Regia: Icíar Bollaín sceneggiatura: Paul Laverty; fotografia: Sergi Gallardo; montaggio: Nacho Ruiz Capillas; interpreti: Anna Castillo (Alma), Pepe Ambròs (Rafa), Maunel Cucala (Ramón), Miguel Angel Aladren (Luis); produzione:Morena Films, El Olivo La Película A.I.E, The Match Factory origine: Spagna-Germania 2016; durata: 98’. Proposta di voto: 2 stelle su 5.



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