TEATRINO GIULLARE - ALLA META

CASTIGLIONCELLOm INEQUILIBRIO 2006/ MILANO TEATRO ARSENALE - Uno dei gruppi di punta della scena off italiana ha saputo mettere in scena in modo profondamente fedele ed esatto, con uno stravolgimento che tra-dendo, tra-duce egregiamente Bernhard, uno dei brani più difficili dell’autore austriaco. La narrazione, che di fatto con puntigliosa deliberazione dello stesso autore rinnega tutto quanto possa sembrare azione, diventa nelle mani di due attori soli una sorta di “concerto teatrale da camera” di squisita esecuzione. Rarmente il teatro italiano è stato in grado di rendere Bernhard in modo così esatto, e nello stesso tempo, proprio per rendergli giustizia, così velenoso. Essendo Bernhard un autore che fa dell’artificialità la propria bandiera, niente lo rende meglio del “teatro di marionette” sui generis che produce il “Giullare”.
Si penetra solo con un intenso klimax in questo brano: all’apertura della scena non è evidente se si sia di fronte ad una scenografia composta di soli automi, o a una semplice scena vuota di attori. I dialoghi ci introducono lentamente in questo mondo incantato tra gli automi rinascimentali, le mummie egizie e i revenants. La marionetta della Madre è appunto qualcosa di orridamente inquietante come una mummia appena uscita dal sarcofago, per di più con un accentuato carattere mutante, che spiazza continuamente la percezione; quella della figlia ha una maschera di dolore stampata in volto. Queste specie di mostri dell’altro mondo con cui siamo confrontati per un’ora, l’una e l’altra, recano sulla propria superficie ciò che sarebbero gli orrori dell’inconscio di ognuna di esse, se per incantesimo fosse possibile estroflettere tali “interni della psiche” sulla scorza esteriore degli umani. Le loro mani, falangi tenute insieme per miracolo, sono la trasposizione fisica dell’inaridimento della rispettiva anima: ma l’antropologia, forse anche di questo è consapevole il “Giullare”, ci informa fin dagli studi del Vernant che le maschere trovarono la loro incubazione nell’uso delle prime civiltà mesopotamiche di montare sui teschi dei morti pietre e oggetti preziosi che ne evocassero la passata vita. Il loro legame con la morte è dunque diretto.
Eppure, esiste una potente contemporaneità nel racconto esplicato da “Alla meta”: i temi del dialogo sono mondani, ma tutti coperti, in senso materiale, e concretizzati fisicamente, da protesi e rivestimenti funerei; le stoffe, le scarpe con vistosi tacchi, i cappelli, tutto sembra uscito da un sarcofago: è forse come se la nostra civiltà si riempisse di protesi che nascondono ciò che è ancora vivo? Il sospetto sorge, e acquista legittimità se si pensa che anche i muscoli dell’attuale cittadino medio sono frutto di sedute in pestilenziali palestre, di ormoni estrogeni e siliconi. Un simile senso di disumanizzazione viene, ovviamente, del tutto incontro al senso e all’intenzione dell’opera di Bernhard. “Io sono più persone”, deve affermare ad un certo punto l’una all’altra, ed è vero in un senso fisico (l’intercambiabilità di maschere e costumi) e in un senso sostanziale: l’identità non è delimitata, per nessuno, e nessuno, dopo essere stato davanti a questo spettacolo, può insconsciamente più sentire di essere una persona unica, tanta è la sua forza suasiva.
“Alla meta” è per altro un grande-breve poema sinfonico, più volte in grado di innescare l’azione solo con l’uso eterodosso del respiro e del sospiro e di altri fiati, opportunamente ritmati. C`è perfino un tenue filo rosso, che chissà se Bernhard avrebbe mai potuto percepire ma da questo spettacolo fa capolino, tra la recitazione secca, metallica e aspra dell’espressionismo tedesco e della sua musica, Weill e Dessau, alla Therese Giehse, e l’uso dell’intonazione dei due attori, pieno di stoccate e stacchi, a ritmo puntato (per usare un termine dell’esecuzione pianistica). Perfino davanti ad una recitazione in italiano, quindi, si riesce a percepire che la lingua di scrittura originale era ben altra, il tedesco con il suo ben noto “zackzack”.(P. Sanvito) Interpretato, costruito e diretto dal Teatrino Giullare
Produzione Teatrino Giullare
