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Ten minutes older

Pubblicato il 22 settembre 2002 da Alessandro Izzi


Ten minutes older

L’idea di base è di quelle che si presentano, sin da subito, straordinariamente interessanti: unire un gruppo di grandi registi della storia del cinema ed impegnarli nella realizzazione di una serie di cortometraggi che, pur nella totale autonomia artistica concessa a ciascun autore, propongano una riflessione comune sul tema del Tempo. In questo senso il Cinema, come arte che trae tutta la sua essenza dalla durata prima ancora che dallo spazio, viene ad essere, insieme alla musica, la forma di comunicazione ideale per questo tipo di riflessione, perchè consente agli autori anche una rilfessione autoreferenziale sulla propria capacità di veicolare concetti concetti come passato, presente e futuro. E lo fa in una dimensione piuttosto paradossale se si considera il fatto che incredibilmente l’inquadratura cinematografica (come, del resto la realtà fenomenica nella quale siamo immersi) si svolge solo al presente. Il rischio di un’operazione di questo tipo è quello che corrono un po’ tutti i film ad episodi che sono stati sin qui realizzati: l’impossibilità, data la diversità necessaria dei talenti che vi si impegnano, a garantire un risultato unitario ed uno standard qualitativo costante. Dopo i buoni risultati di Ten minutes older -the trumpet, ecco giungere allora questa compilation di corti che costituisce l’inizio di una serie che promette di allungarsi nel tempo (è giá in produzione un terzo episodio con il sottotitolo The piano). Purtroppo, il film in esame si rivela da subito abbastanza deludente. Bertolucci nel suo Histoire d’euax costruisce un racconto delicato ed astratto che ha il sapore di un’antica leggenda indiana riletta in una logica quasi pasoliniana. Nella storia del giovane immigrato clandestino che, in cerca di un bicchiere d’acqua per un anziano del suo gruppo, finisce per conoscere una donna che poi sposerà e dalla quale avrà dei figli, si palesano una serie di omaggi incrociati ad un’idea di Cinema che fa del fantastico realistico uno dei suoi pilastri portanti. Ne risulta un film che riprende alcune idee iconografiche di Piccolo Buddha e le rilegge nella chiave delle elegie al sottoproletariato che hanno fatto grande il primo Pasolini. Ma, alla fine, il corto non repira, non trova il suo giusto ritmo: l’obbligo di attenersi alla durata complessiva di 15 minuti non consente alla storia di decollare davvero e il tutto si esaurisce in una serie di inquadrature che vorrebbero rendere il senso eterno dell’immobile dipanarsi del tempo, ma che risultano fredde e manierate. Mike Figgis in About time 2 moltiplica i punti di vista grazie ad un uso spericolato dello split screen in un esercizio di stile che, nel tentativo di rendere la contemporaneità di alcuni eventi simbolici che accadono in spazi contigui, risulta gratuito ed irritante. Jiri Menzel, dal canto suo, costruisce un film di montaggio con alcuni spezzoni di pellicole del muto unite a materiale girato appositamente. L’idea sarebbe quella di rendere visivamente il passaggio dall’infanzia al mondo adulto di una sorta di personaggio/Cinema, ma il risultato è un’operina alquanto debole. Istvan Szabo in Ten minutes after costruisce una piccola storia di crisi coniugale che avrebbe dovuto chiudersi nello spazio in un unico piano sequenza e che si esaurisce in una discutibile serie di inquadrature unite in uno scialbo montaggio invisibile. Claire Denis costruisce, nel suo segmento Vers Nancy, una piccola intervista, condotta su di un treno, sul tema della diversità e dell’alterità. Un corto verbosissimo e, alquanto noiso, pur nello splendore filosofico delle parole dell’intervistato. Volker Schlodorff si impegna in The enlightenment in una virtuosistica soggettiva di una mosca che ronza intorno ad una famiglia mentre una voce fuori campo recita le riflessioni di Agostino Un corto decisamente superfluo. Michael Redford costruisce una fantascientifica variazione sul tema dei paradossi temporali in quello che è in assoluto l’episodio piú fiacco di tutta l’operazione. Fortuna che, in conclusione, arrivi una splendida riflessione di Godard che costruisce, in uno spazio irrisorio, una delle sue enciclopedie ideali per immagini e suoni, una sorta di meravigliosa passacaglia audiovisiva che ha la concisione di un’opera di Webern e porta con sé tutta l’emozione che produce, nello spettatore, una sintesi convincente stilisitica e contenutistica ad un tempo.


CAST & CREDITS

(Ten minutes older); regie: Bernardo Bertolucci, Mike Figgis, Jiri Menzel, Istvan Szabo, Claire Denis, Volker Schlondorff, Michale Radford, Jean-Luc Godard; Film ad episodi; Produzione: Road Movies Filmproduktion


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