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The Armstrong Lie

Pubblicato il 5 settembre 2013 da Giampiero Francesca

VOTO:

The Armstrong Lie

2009. A quattro anni dal suo ritiro, il sette volte vincitore della maglia gialla, Lance Armstrong, tornava alle gare. A quasi quarant’anni di età, lasciato il team originario, la US Postal Service, uno dei più discussi ciclisti contemporanei si rimetteva in sella, con l’Astana, squadra kazaka, pronto a dare battaglia. Una domanda però rimbombava nella mente degli appassionati: perché?

Proprio da questo interrogativo prende avvio il primo progetto del regista Alex Gibney dedicato a Lance Armstrong. Già al suo rientro in gruppo infatti il passato del grande ciclista era ammantato di dubbi e sospetti. L’ombra del doping era rimasta incollata alle ruote del campione americano dimostrandosi il peggiore dei suoi avversari. Perché dunque tornare in scena? Perché rimettersi sotto ai riflettori? Perché rischiare di distruggere una carriera straordinaria? Partendo da un’intervista allo stesso Armostrong, seguendone le gesta nelle tappe del tour de france, ripercorrendo la sua storia con interviste ai suoi compagni di squadra, ai suoi manager, ai suoi medici l’autore del premio Oscar Taxi to The dark side aveva in mente di rispondere a queste domande. Gli occhi gelidi del texano, le sue parole ferme, la difficoltà nel gran bouclé del 2009, sembravano peró convincere lo stesso Gibney della sincerità del campione. Ma la maschera perfettamente creata in una intera vita stava per crollare. Le prime inchieste del 2011, le testimonianze di Hincapie, Lamdis, Hamilton, la clamorosa confessione rilasciata ad Ophrah Winfrey costrinsero Gibney a tornare al lavoro per realizzare quello che oggi é The Armstrong lie.

Deluso, amareggiato, quasi arrabbiato nei confronti del ciclista che lo aveva spudoratamente ingannato il regista realizzò una seconda intervista, nel 2013, subito dopo la confessione pubblica. A quattro anni di distanza, con la stessa fierezza, davanti alla macchina da presa Lance Armstrong, l’uomo che aveva sconfitto il cancro, che aveva conquistato per sette anni consecutivi il primo posto al tour de france, che aveva costruito un impero sulla sua immagine, ammetteva tutto. Partendo da queste parole l’intera carriera del texano veniva così rivista. Gli allenamenti con il discusso (per usare un eufemismo) medico Ferrari, le vittorie, le rimonte in salita, il rapporto con i compagni, il clima omertoso che governava il gruppo, la triste realtà del ciclismo dei primi anni 2000 appare così in un tutta la cupa crudezza. L’inganno di Armstrong viene smascherato in modo inequivocabile lasciando però intravedere un mondo completamente compromesso. L’uso di EPO, di ormoni, di cortisone, le autotrasfusioni appaiono come la normalità, le abitudini necessarie per prender parte alle competizioni. É lo stesso Lance Armstrong ad ammettere che per per vincere dovevi essere il migliore in tutto; in tutto, anche in farmacia.

Da questo lavoro di quattro anni nasce un documentario semplice ma efficace. Dai volti e dalle parole dei ciclisti che fra il 1999 e il 2004 corsero al fianco di Armstrong emerge così il quadro di un sport devastato dalla piaga del doping. Interi podi di quasi un decennio cancellati dalle analisi antidoping. In quest’ottica l’ascesa e il declino del capitano della US Postal appare quasi esemplare, simbolo di un sistema all’epoca coperto di zone grigie. Resta comunque l’inganno di un uomo che ha tradito la fiducia dei suoi tifosi, degli appassionati, dello stesso Gibney che, forse proprio per questo, sembra non avere alcuna remora nei conformi del fraudolento campione.


CAST & CREDITS

(The Armstrong lie); regia: Alex Gibney; montaggio: Andy Grieve, Lindy Jankura, Tim Squyres; origine: USA 2013; durata: 122’


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