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THE HAMBURG CELL

Pubblicato il 6 settembre 2004 da Mazzino Montinari


THE HAMBURG CELL

Sull’11 settembre 2001 e sulle conseguenze innestate dai fatti accaduti quel tragico giorno si è provato a riflettere da subito. In prima battuta, sull’onda emotiva, tutto è ruotato intorno alla sorte delle vittime e quell’evento, dunque, è stato raccontato attraverso il punto di vista di chi immediatamente si è autoproclamato difensore della civiltà occidentale e suo vendicatore. In seguito, soprattutto con il precipitare della situazione (leggi guerre preventive), si è cercato di creare un minimo di distacco emotivo per valutare i fatti con maggiore oggettività e prestando attenzione alle voci dissonanti dal coro. Tuttavia, anche i migliori tentativi non hanno prodotto granché. Abbiamo ricevuto visioni parziali e frammentarie e, comunque, alla fine non si è potuti sfuggire a una rigida scelta di campo.
Gli autori (registi, scrittori, etc.) che si sono cimentati con l’11 settembre non hanno saputo “immaginare”. O si sono attenuti all’antico schema “il sangue va lavato con altro sangue” (e questo vale per chiunque giustifichi sia l’attacco terroristico che la reazione vendicativa) o hanno costruito tesi dietologiche, fantasiose certamente ma atte comunque a razionalizzare gli eventi, a incanalarli nella sterile relazione causa-effetto (ad esempio, gli investimenti finanziari, il petrolio). Se è vero che l’11 settembre ci ha posti di fronte a qualcosa di radicalmente nuovo allora va anche pensato con nuove categorie di pensiero e per far ciò bisogna, appunto, “immaginare”.
A Venezia erano in programma alcuni film più o meno importanti sull’11 settembre che hanno provato a sfuggire alle opzioni appena menzionate pur dividendosi tra la prospettiva delle vittime e quella degli attentatori. Del film di Wenders si è ampliamente parlato, di Antonia Bird e del suo The Hamburg Cell decisamente meno e non a torto.
La regista inglese ha narrato le vicende degli attentatori sauditi prima del fatidico giorno. La Bird ha mostrato il progressivo mutamento di uomini che dalla fede islamica sono passati alla volontà di diventare martiri. Ambientato ad Amburgo, perché è in quella città alcuni dei dirottatori si sono formati e hanno appreso il tragico piano da eseguire, il film non esce mai dal già detto e conosciuto. In più, la Bird attenendosi soltanto ai documenti ufficiali salta il momento decisivo dell’intera vicenda. Infatti, seguendo in modo pedissequo lo svolgimento temporale dei fatti, passa dal momento in cui i futuri dirottatori si incontrano nella moschea e cominciano a vedere nell’Occidente il nemico da combattere, al momento in cui lo scontro di civiltà e religioni è un processo irreversibile e nessuno ha più alcun dubbio sul da farsi. E’ evidente che non c’è nessun documento che possa attestare un simile passaggio che avviene in modo invisibile nella coscienza di un uomo (sempre che ve ne sia una). Però, è proprio qui, in questa zona d’ombra, che il cinema può e deve intervenire e provare a immaginare.
Probabilmente bisognerà aspettare ancora molti anni per sfuggire agli irretimenti provocati dalla faziosità ideologica e per vedere qualcosa che produca un senso autentico dei fatti dell’11 settembre, sia che li si legga dalla parte delle vittime che da quella degli attentatori. Nell’attesa torniamo a leggere La guerra del Peloponneso di Tucidide.

[settembre 2004]

Cast & Credits:

regia: Antonia Bird; sceneggiatura: Ronan Bennett, Alice Perman; fotografia: Florian Hoffmeister; montaggio: St John O’ Rorke; musica: Adrian Corker, Paul Conboy; suono: Tim Alban; costumi: Antje Gebauer; interpreti: Karim Saleh, Kamel, Agni Tsangaridou, Omar Berdouni, Adnan Maral; produttore: Finola Dwyer; produzione: Mentorn; coproduzione: Inner Circle Pictures; durata: 100’; formato: 35 mm, colore; origine: Gran Bretagna 2004.

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