The Social Network
Facebook oggi ha 500 milioni di iscritti in tutto il mondo, e sono stati versati fiumi di inchiostro sulle conseguenze che questo social network avrà sulle nostre vite e sul nostro modo di percepirle. Il nodo cruciale è il tema della privacy, degli impulsi alla base della scelta di condividere informazioni personali con quelli che sono – spesso – praticamente degli sconosciuti.
The Social Network di David Fincher è quindi un film che si inserisce nel vivo di un dibattito che al momento è vivacissimo e i cui esiti non possono ancora essere calcolati. Da un regista come Fincher ci si sarebbe potuti legittimamente aspettare un interesse particolare rispetto a questo tema sociale-antropologico, soprattutto se si pensa a un film come Fight Club, alla sua analisi della società dei consumi e al suo finale tragicamente premonitore.
Invece Fincher spiazza tutti e vira sul tema “opposto”, focalizzando la sua attenzione unicamente sull’ideatore del social network più popoloso del mondo: Mark Zuckerberg.
Il film, strutturato come un vero e proprio “thriller giudiziario”, è ambientato nel momento in cui il fondatore di Facebook, ormai già all’apice del suo successo, si trova a fronteggiare due cause. Una viene dal suo migliore amico e co-fondatore del social network, Eduardo Saverin , tagliato fuori dalla società; l’altra denuncia arriva da due ex-colleghi di Harvard, che accusano Zuckerberg di aver rubato loro l’idea. Il film si svolge dunque per flashback che ricostruiscono la genesi di Facebook e del più giovane miliardario del mondo, dal momento in cui l’idea che lo renderà famoso comincia ad affacciarsi nella sua mente fino al suo definitivo successo globale.
Si tratta quindi del ritratto di un personaggio a suo modo carismatico e influente; ma anche in questo Fincher segue una strada del tutto particolare, evitando accuratamente ogni approfondimento psicologico che possa dare la misura delle azioni di uno degli uomini più ricchi del mondo. L’unica cosa che è chiara – e che costituisce l’attrattiva principale del personaggio – è il fondamentale disinteresse di Zuckerberg per l’aspetto finanziario del progetto. Il motore interno di questo genietto dell’informatica non è la brama di denaro: fonte della sua determinazione incrollabile sembra essere solo il fatto che può farlo. Lui e nessun altro. La scelta di lasciare intatto il mistero che lo avvolge costituisce però proprio la forza dell’opera, che altrimenti avrebbe inevitabilmente banalizzato le vicissitudini di questo personaggio.
Il film – girato magistralmente - anche stilisticamente costituisce un unicum nella cinematografia di Fincher, in quanto si discosta dalle atmosfere lugubri e oscure che sono la sua più evidente cifra stilistica. Ma a ben vedere ci sono, forse, degli “ambienti patogeni”: quelli dei club di ultralusso del jet set e delle confraternite esclusive e inaccessibili che attraggono morbosamente il protagonista. E da questa prospettiva si può rintracciare l’unica chiave di lettura che il regista ci ha forse voluto dare per decifrare il suo personaggio. Oltre alla forte convinzione di poterlo fare, Zuckerberg sembra mosso anche da uno spirito di rivalsa verso un mondo che non lo accetta: quello dei “pezzi da novanta” che frequentano Harvard. E ancora di più dalla scottatura di essere stato lasciato dalla fidanzata del college: il film si apre infatti “atipicamente” in medias res, su un dialogo tra i due fidanzati, alla fine del quale Zuckerberg si ritrova scaricato. Ed è proprio in seguito all’abbandono che muove i suoi primi passi nel mondo del “pettegolezzo generalizzato” in rete.
Un ulteriore e fondamentale aspetto di grande raffinatezza del film sono le musiche, attraverso le quali è possibile avere un’ altra conferma del senso di rivalsa dello Zuckerberg visto da Fincher. Il film si apre infatti sugli accordi di Ball and Bisquit dei White Stripes - un intenso blues proprio sul rancore e il senso di rivalsa nei confronti di una donna – e si chiude con Baby You’re a Rich Man dei Beatles, il cui titolo dice già tutto. Il fondatore di Facebook, infatti, decide di far assumere dimensioni mondiali al suo social network proprio in seguito ad un successivo incontro con la ex, che si mostra del tutto indifferente al progetto del protagonista, per quanto già tutti abbiano cominciato a parlarne.
“And right now you could care less about me, but soon enough you will care by the time I’m done”, canta Jack White in Ball and Bisquit. Amore e rabbia, quindi?
(The Social Network) Regia: David Fincher; soggetto: Ben Mezrich; sceneggiatura: Aaron Sorkin; fotografia: Jeff Cronenweth; montaggio: Kirk Baxter, Angus Wall; musica: Trent Rezonr, Atticus Ross; interpreti: Jesse Eisenberg (Mark Zuckerberg), Andrew Garfield (Eduardo Saverin), Justin Timberlake (Sean Parker); produzione: Scott Rudin, Trigger Street, Micheal De Luca; distribuzione: ; origine: Stati Uniti; durata: 121’.