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THE WOODSMAN

Pubblicato il 20 gennaio 2005 da Marino Galdiero


THE WOODSMAN

La pedofilia è forse uno dei fenomeni che suscita maggiore intolleranza sociale. In Italia, per esempio, esponenti leghisti del governo hanno più volte richiesto e proposto misure molto più severe contro i pedofili, sino a promuovere una legge per la castrazione chimica. Probabilmente dai celoduristi della Lega ce lo saremmo aspettati, ma silenziosamente non sono pochi coloro che condividono la stessa opinione. Nel nostro cinema, per quanto possa ricordare, non mi sembra sia mai stato ancora affrontato l’argomento, a parte il riferimento nel flashback dell’Amore Molesto. Insomma con molta facilità si identifica il pedofilo col mostro da eliminare, cosa che capita anche in altri paesi, penso al Belgio, la Francia, l’Inghilterra dove nei recenti anni sono stati scoperti casi atroci di pedofilia. A questa lista non mancano gli Stati Uniti, anche qui l’opinione pubblica non è meno tenera sull’argomento, essendo rimasta scioccata dai numerosi casi che coinvolgevano preti. Eppure, proprio dagli Stati Uniti, arriva l’opera prima di Nicole Kassell, The Woodsman (basato sull’opera teatrale di Steven Fechter, dallo stesso titolo), il cui protagonista, Walter (Kavin Bacon), è un pedofilo che ha trascorso gli ultimi suoi dodici anni di vita in prigione. Con un realismo visivo disadorno ed essenziale, che fa riferimento a film dei primi anni Settanta, come Cinque pezzi facili o Qualcuno volò sul nido del cuculo, la Kassel racconta le difficoltà di reinserimento sociale di Walter. Tenta - riuscendoci - di portare lo spettatore a guardare con partecipazione e comprensione al mostro da tutti additato. Senza forzature passiamo dal pedofilo ad una persona che soffre per il suo stato e che cerca con fatica interiore un percorso di redenzione. Così, gli impulsi irrefrenabili di Walter di fronte ad una bambina, possono non solo essere mostrati, ma sostengono la drammaturgia di buona parte del film. Ogni sguardo di Walter su una bambina si carica di suspence e suscita nello spettatore la domanda: resisterà o meno alla tentazione? Il precipitare delle emozioni del protagonista, e la sua tormentosa lotta per l’autocontrollo, sono rese anche da un uso espressionistico del montaggio (stacchi, fermi immagine, dislocazioni temporali). Un esempio in tal senso sono i titoli di testa che come suggerisce la stessa Kassel “ricordano molto da vicino Getaway! di Sam Peckinpah”. Togliendo Walter dal cerchio maledetto della pedofilia, in cui socialmente sarebbe confinato, il film mette in questione anche i confini del lecito e dell’illecito? Non credo. Mi sembra che la Kassel sia più propensa, spostando l’attenzione sull’umanità di Walter, a interrogarsi sull’intolleranza nei confronti della pedofilia e sulla validità di una sanzione punitiva rivolta a chi ha infranto la legge. Importante alternativa all’esclusione è la relazione, così l’incontro con una donna forte e coraggiosa, come Vickie (Kyra Sedgwick, tra l’altro moglie di Bacon), diventa occasione per Walter di riconoscere il bene che è in lui.

[gennaio 2005]

regia: Nicole Kassel sceneggiatura:Steven Fetcher, Nicole Kassell fotografia: Xavier Pérez Grobet montaggio: Brian A. Kates, Lisa Fruchtman musica: Nathan Larson interpreti: Kevin Bacon, Kyra Sedgwick, Mos Def, Benjamin Bratt, David Alan Grier produzione: Lee Daniels origine: USA durata: 87’ distribuzione: Nexo

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