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To Rome with love

Pubblicato il 21 aprile 2012 da Alessandro Izzi
VOTO:


To Rome with love

L’italiano medio, almeno secondo uno stereotipo blando e non dei più popolari all’estero, quando si lava, canta. E lo fa bene!
Magari fuori, per le strade di città e tra gli ingorghi del traffico gli riesce male, ma quand’è tra le pareti del proprio bagno, dietro la porta a vetri del vano doccia e sotto il getto d’acqua calda è un re. La marca dello shampoo è fondamentale per il do di petto più riuscito che vien bene solo se accompagnato dal movimento oscillatorio della spugnetta che strofina sotto le ascelle grattando via lo sporco.
Però, fuor del suo elemento, il cantante d’opera, novello Caruso, annaspa come un pesce in vendita al mercato. Non abituato a farsi mercanzia, inghiotte saliva ad ogni salto di tono e il “Vincerò” pavarottiano lo chiude in un singhiozzo di poco conto, che dura un secondo appena, senza spegnersi vibrando.
Cosa fa, allora, il regista americano? Porta la doccia in scena, direttamente a teatro. La fa entrare subito dopo che il pianista si è preso i suoi applausi o le fa condividere la scena con gli altri cantanti, con l’ovvio buffo di quello stesso incongruo che respirava nella vecchia battuta alleniana del pomeriggio di pesca con Hemingway, quando entrambi pescarono del tonno. Una dozzina di scatolette.
Fuor di gag (che pare telefonata, in fondo, solo perché si svolge tutta in una cabina), la piccola scelta esemplifica bene la visione di un rapporto più o meno artistico. Woody Allen incontra l’artista italiano ed è ammaliato dalla sua naturalezza, dalla sua spontaneità. Visione vecchia, neorealistica, che respira più nel ricordo della Magnani che nella pratica di oggi che è assai più brutta, corriva e stanca. Vorrebbe farne materia di spettacolo, di questo miracolo epifanico, ma, da pragmatico artista americano, capisce subito che gli deve costruire intorno una cabina doccia se vuole che funzioni, che abbia anche solo una parvenza di senso.
A vedere To Rome with love si ha l’impressione che tutto il lavoro di regia sia stato volto a costruire docce, a disegnare apparati idraulici. Lo stile alleniano scende a patti con l’idea di cinema italiana e si concretizza in una perenne attesa. Aperta l’acqua calda, messo in campo il sapone, si aspetta il do di petto che strappi l’applauso, ma che solo di rado interrompe il libero fluire delle immagini. Il miracolo della naturalità italiana si avvera, infatti, quasi mai, frattanto lo spettatore è messo di fronte a tanti arredi per bagno, a tante marche di shampoo e a qualche bigio accappatoio.
Intendiamoci: il problema di To Rome with Love non è solo nella controparte italiana (la cui ingerenza produttiva si respira sin dalle infinite complicazioni sul titolo che è stato deciso sul filo di lana ed è diverso da quel Bop Decameron che s’era pensato a tutta prima e che non funzionava tanto male, soprattutto nel più boccaccesco degli episodi, quello con Tiberi e Penelope Cruz). È anche Woody Allen che, arrivato in Italia, ha girato il film un po’ con la mano sinistra. Però si ha l’impressione che parte del fallimento estetico del prodotto nasca dall’idea che To Rome with love dovesse essere un po’ una specie di cinepanettone in versione autoriale solo perché anch’esso, in fondo, parla, come le relative controparti italiane, di viaggio e di vacanza. E dubitiamo che il regista americano conosca, in fondo, tanto bene il cinema di Neri Parenti anche se deve essere pure lui caduto nel malinteso, soprattutto per una ragione di cambi alla dogana: l’euro, in fondo, non è lo stesso che il dollaro e il costo della vita è un altro.
Sicché nella narrazione episodica di improbabili intrecci fuori del tempo (e spesso forzosamente nello spazio: Roma è sfondo inerte più di quanto non sia stata Parigi o, meglio ancora, Londra), lo stile alleniano si fa ombra di se stesso. Rovina tra le rovine del Colosseo. Triste spettacolo da contemplarsi dalle terrazze, con la strana malinconia che ti deriva dalla considerazione che un tempo lì c’era una civiltà al lavoro ed ora solo pietre. Sottoposte all’incuria del governo per di più.
E a pensarci bene di Roma c’è davvero ben poco in questo affresco di storielle che non le attraversa neanche un soffio di quella malinconia che tanto amiamo nei film del regista americano.
L’episodio di Benigni, uomo qualunque catapultato nella fama mediatica, potrebbe, infatti, prender piedi in qualsiasi altro posto d’Italia ed è tutto italiano, prima ancora che romano, il gioco su quei mezzi d’informazione che fanno notizia anche solo sulle fette di pane imburrato che si mangiano a colazione (forse l’unico strale passabilmente polemico di un film quant’altri mai turistico).
Allo stesso modo l’episodio di Jesse Eisenberg ed Ellen Page (col fantasma Baldwin che sancisce come il tempo eterno dell’urbe sia il presente coniugato all’infinito) ha della capitale appena lo sfondo inerte delle passeggiate romantiche che riescono bene perchè gli attori sono meno a spasso di altri.
Mentre l’episodio alleniano tout court (il regista torna anche davanti alla macchina da presa) si chiude nello spazio astratto di una camera mortuaria mai fatta oggetto di visione, ma fantasma latente, visione periferica di quel senso di dissoluzione tanto importante per l’autore, ma che è qui riproposto a parole prima ancora che rivissuto.
To Rome with love funziona sulla breve distanza delle gag più che sull’organizzazione complessiva dell’ordito. Strappa qualche risata (forse anche tante), ma è un riso spensierato, di maniera. Non si direbbe sciocco, ma riciclato, derivativo, qualche volta stanco. Da Allen ci aspettiamo certo di più.


CAST & CREDITS

(To Rome with love); Regia e sceneggiatura: Woody Allen; fotografia: Darius Khondji; montaggio: Alisa Lepselter; musica: non orginale; interpreti: Woody Allen, Alec Baldwin, Roberto Benigni, Penélope Cruz, Judy Davis, Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Ellen Page, Antonio Albanese, Alessandra Mastronardi, Ornella Muti, Alison Pill, Flavio Parenti, Riccardo Scamarcio, Alessandro Tiberi, Fabio Armiliato; produzione: Perdido, Gravier Productions, Medusa Film; distribuzione: Medusa Film; origine: USA, Italia, 2012; durata: 111’


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