X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Tolo Tolo

Pubblicato il 8 gennaio 2020 da Matteo Galli
VOTO:


Tolo Tolo

Scrivere di Tolo Tolo a una settimana esatta di distanza dalla sua uscita, dopo che il film ha polverizzato ogni possibile record in termini di biglietti venduti, presenta diversi vantaggi e diversi svantaggi. Fra i vantaggi: non c’è bisogno di raccontare la trama, nemmeno di accennarla; tutte le possibili relazioni inter- e intratestuali, implicite ed esplicite, sono state abbondantemente scovate e analizzate.

Dentro il film, per mezzo del coltissimo e assai improbabile Oumar, troviamo Roma città aperta, Mamma Roma e Il tè nel deserto, un piccolo corso di storia del cinema italiano, dunque. Fuori dal film si è parlato a più riprese, ovviamente, di commedia all’italiana, segnatamente di film italiani sull’Africa: Salce, Scola, Dino e Marco Risi etc. etc, un film in Africa e un film sull’Africa, fra l’altro a pochi giorni ormai dall’uscita di un altro film italiano sull’Africa, ovvero Hammamet di quel Gianni Amelio, anch’egli opportunamente citato come possibile modello (vedi Lamerica).

Insomma ci sarebbe da sbizzarrirsi se volessimo scrivere un saggio su Tolo Tolo e il cinema italiano. E già questo rappresenta un punto di grande interesse che potremmo così riassumere: nei film precedenti Checco Zalone sembrava relazionarsi quasi esclusivamente con un unico sottogenere, ovvero la commedia one-man-show, occasione per sfoggiare battute a raffica, tenute insieme da una sceneggiatura qua e là bucherellata, in buona sostanza i film dello stesso Zalone, adesso la questione si è fatta assai più complessa e ambiziosa. Si tratterà di capire se Zalone e Virzì, suo co-sceneggiatore, sono all’altezza di tale ambizione. Di questo, magari, più avanti. Fatte le dovute differenze sta accadendo con Tolo Tolo qualcosa di paragonabile a quel che accadde nel 1997 con La vita è bella di Roberto Benigni: fino ad allora i film di Benigni facevano parte solo e soltanto della micro-sistema “film di/con Benigni”, con quel film il contesto cinematografico e ideologico di riferimento si ampliava a dismisura insieme alle polemiche derivanti da questo ampliamento, anche data la delicatezza nell’uno come nell’altro caso dei temi trattati, shoah e migranti. Lo svantaggio principale – da quanto detto fin qui lo si evince in abbondanza -: è difficile parlare solo, anzi tolo, del film, è inevitabile cioè venire a parlare del discorso sul film che a neanche una settimana dall’uscita è montato. Anzi, a ben vedere, il discorso - secondo una strategia davvero originale - nasce ancor prima che il film esordisca nelle sale, ovvero allorché Zalone ha diffuso il trailer musicale Immigrato, celentenaggiante e cotugnesco, deliberatamente qualunquista e razzista, giocando con rara maturità sull’orizzonte di attesa dello spettatore contemporaneo oltreché sull’orizzonte di attesa dei propri fan, riuscendo in moltissimi casi – basti guardare la valanga di commenti online – esattamente nell’intento previsto ovvero innervosire lo spettatore deluso, rischiando che al prossimo film la fiducia, stavolta accordata alla cieca, venga meno. Nel film, anche questo ormai lo si sa, la canzone si limita ad accompagnare lo scorrere dei titoli di coda.

Rispetto ai precedenti film con Zalone (e scritti ma non girati da lui), dove la questione su quale fosse il messaggio non si poneva proprio perché l’intento ironico-satirico si appuntava su questioni assai meno scabrose, assai meno polarizzanti, assai meno attuali (per esempio il mito del posto fisso in Quo vado), in Tolo Tolo la situazione è più delicata perché fermo restando che il personaggio è una macchietta con cui appare impossibile identificarsi (lo stesso accadeva, del resto, con altri illustri comici del cinema italiano, Sordi avanti a tutti, in moltissimi casi sordido e farabutto) resta da domandarsi che cosa Zalone regista e “autore” abbia voluto dimostrare con il suo film. È vero che non spetta a un comico, pur in odore di incipiente autorialità, fornire proposte o soluzioni a problemi scabrosi, però crediamo che la banalissima questione: ma insomma, Luca Medici alias Checco Zalone, da che parte sta? sia assolutamente legittima, pur senza ridursi a una dicotomia banalotta tipo: è di destra o di sinistra? Su una cosa soltanto, mi pare, il trailer trolleggiante e il film concordano ovvero sull’inclinazione latente e incoercibile degli italiani al fascismo: lo troviamo in almeno tre scene del film, lo troviamo nella sequenza del trailer in cui Zalone si affaccia al balcone in posa mussoliniana.

Il secondo messaggio che Zalone regista sembrerebbe voler veicolare è che l’antidoto allo Zalone personaggio potrebbe essere la cultura, segnatamente la cultura cinematografica: chissà se, al pari di Oumar, Zalone conoscesse la storia del cinema italiano potrebbe essere meno idiota, meno superficiale come dimostrano a profusione le primitive canzoni inserite nel film, tutte rigorosamente diegetiche cioè focalizzate sul punto di vista (in alcuni casi si tratta di sogni) del personaggio protagonista: da La cicogna strabica a Se t’immigra dentro il cuore (titolo edulcorato di una canzone che si sarebbe dovuta chiamare Gnocca d’Africa).

Il terzo messaggio è il totale rifiuto del buonismo, nessuno fra gli altri personaggi presenti, neri compresi (non privi, anch’essi, di una buona dose di opportunismo), appare investito di un’aura positiva, eccezion fatta, forse, per Doudou, ma che un bambino sia portatore di positività e di utopia non è poi un’idea di particolare originalità. Più in generale il film presenta una sceneggiatura non priva di lungaggini, di ripetizioni, di figure troppo caricaturali per risultare credibile e convincente in termini di salto di qualità, anche la mano di Virzì, in qualità di massimo esponente della tradizione della commedia all’italiana, si sente pochino. Malgrado questo: che Zalone abbia successo fa piacere e che Salvini dopo averlo proposto, solo sulla base del trailer, come senatore a vita e santo subito, adesso taccia non dispiace per nulla.


CAST & CREDITS

(Tolo Tolo); Regia: Checco Zalone; sceneggiatura: Checco Zalone, Paolo Virzì; fotografia: Fabio Zamarion; montaggio: Pietro Morana; musiche: Checco Zalone, Antonio Iammarino, Giuseppe Saponari; interpreti: Checco Zalone (Checco Zalone), Souleymane Sylla (Oumar), Manda Touré (Idjaba), Nassor Said Birya (Doudou); produzione: Medusa Film, Taodue; distribuzione: Medusa Film; origine: Italia 2020; durata: 90’


Enregistrer au format PDF