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Vi presento Toni Erdmann

Pubblicato il 3 marzo 2017 da Fabiana Sargentini
VOTO:


Vi presento Toni Erdmann

Toni Erdmann, letto sulle pagine di un catalogo di festival, spaventa per la durata di centosessanta due minuti, ovvero due ore e quarantadue: nei primi trenta quaranta minuti il film parla il gergo manageriale cinico e spavaldo della finanza petroliera internazionale, dalla prima ora in avanti stupisce continuamente raccontando provocatoriamente un rapporto ambivalente, arroccato, di certo non tradizionale tra un padre e una figlia. Ines lavora in una grande società tedesca con sede a Bucarest. La sua vita è perfettamente regolata dai tempi lavorativi e non subisce mai sconvolgimenti di nessun tipo. Dopo la morte dell’amato barboncino Winfried, il padre burlone, fa un’improvvisata alla figlia in Romania armato di regalo inappropriato (una grattugia di design) e una domanda sul suo stato di felicità. La figlia precipita rapidamente tra le fauci mirabolanti di un padre ingombrante e pazzerellone, ottimista, con un approccio alla vita diretto, sano, sempre col sorriso (prodotto da una dentiera finta da scherzo della scuola media) sulle labbra. Dopo una prima uscita serale con importanti dirigenti americani in cui il padre le fa fare figuracce affermando spiritosamente di aver assoldato un’altra figlia che faccia le veci di questa perennemente assente e distante, Ines mette l’uomo su un taxi diretto ad aereo di ritorno in Germania. Questo ritorno in verità non avviene e il padre si ripresenta con parrucca dai bruni riccioli lunghi (solitamente ha un taglio corto su capelli bianchi) e dentiera dicendo di chiamarsi Toni Erdmann, anomalo personaggio che si spaccia, bugia dopo bugia, per l’ambasciatore tedesco in Romania. Le ultime tre quattro scene di questo film sono una meglio dell’altra passando senza soluzione di continuità dall’esilarante all’assurdo, dall’emotivo all’ironico. Sandra Hüller, volto sconosciuto in Italia, è un’attrice di bravura elevata: dai tratti squadrati e dalla fisicità nervosa riesce a far passare nel viso emozioni più disparate, minime sfumature di imbarazzo, riprovazione, sdegno, rimprovero. La scena del party nudista assurge a cult immediato. Che sia difficile essere figlia Ines ce lo comunica col corpo più ancora che con i silenzi. Alla domanda "sei felice?" forse non saprà mai rispondere ma a "sei un essere umano?" si, probabilmente indossando la dentiera sporgente da coniglio di suo padre, imparato a riconoscere il grande uomo che è (fosse solo per il fatto che si preoccupa di come stia la sua discendente diretta). Come sempre, la bellezza sta nelle cose semplici: è evidente che ognuno (ognuna) di noi ha un padre (e una madre che in questa storia è, però, completamente assente), ognuno di noi sa che "la famiglia è complicata" in quanto tale, ognuno di noi impernia l’amore verso il padre attorno ad un guscio protettivo personale difficile da valicare. Ma per quasi tre ore lo spettatore, figlio inevitabilmente di un qualche padre, assiste - attonito, commosso, divertito, di sicuro partecipe - alla riscoperta di una relazione che era stata cancellata dalla distanza, dalla diversità, dalla paura di farsi accettare per quello che si è, solamente padre e figlia


CAST & CREDITS

(Toni Erdmann); Regia: Maren Ade; sceneggiatura: Maren Ade; fotografia: Patrick Orth; montaggio: Heike Parplies; interpreti: Sandra Hüller, Peter Simonischek; produzione: Komplizen Film; distribuzione: Haut Et Court; origine: Germania, 2016; durata: 162’


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