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torneranno i prati

Pubblicato il 6 novembre 2014 da Edoardo Zaccagnini
VOTO:


torneranno i prati

Di quei ragazzi sotto la neve si sente la paura, il dolore, il freddo, l’essere stremati. Tra una bomba e l’altra conviene contare, dice un sergente: è l’unico modo per salvare la mente. I corpi fermi e gli occhi vibranti di quella povera umanità in attesa della morte (del corpo o dell’anima che sia) sono pieni di movimento e parlano anche nel silenzio. Quando invece le loro bocche si aprono, escono parole precise e potenti, chiarissime e taglienti su quella guerra feroce e per molti versi dimenticata. Alcuni soldati guardano in camera, escono da quel tempo e come morti senza pace diventano testimonianza da documentario. Accadeva già nel bellissimo Il mestiere delle armi, per ricordare un’altra guerra, molto più lontana, ma vera. Chiedono memoria, urlano il loro dolore e l’ingiustizia profonda, cogliendo l’occasione del centenario per farsi sentire, giocando d’anticipo sul tam tam della retorica che sta per arrivare. Olmi, col suo cinema sobrio ed ostinato, fatto a mano mazzetta e scalpello (con mano di artista sempre riconoscibile), ci prende con calma e ci trascina con forza in una trincea della Prima Guerra Mondiale. Non ne usciamo se non stravolti, dopo 80 minuti di verità evocata, riportata a galla col rumore delle gavette, coi cappelli e le stoffe intrise di ghiaccio, con le lampade ad olio, con gli attimi di calma del rancio e della posta, prima di una raffica di bombe all’improvviso (che ti pare d’essere finito di colpo dentro Salvate il soldato Ryan), che ti vengono addosso a decine, con la febbre alta, il suicidio disperato ed i dialetti di giovani corpi abusati dal potere, mandati al macello sulle montagne dell’altopiano a Nord-Est, bellissimo e violentato anch’esso, da quella brutta bestia che è la guerra, animale che gira affamato per il mondo, come dice una didascalia alla fine del film.
1917, tanti metri di bianco tutt’intorno. La luna, la neve e qualche colpo di mortaio. E’ notte ferma e luminosa, lo sarà per tutto il film. Gli ultimi scontri sono stati sanguinosi, tra poco ci sarà Caporetto, ma il nemico non lo vediamo mai. Nè quello austriaco, di cui sentiamo qualche debole voce dalla buca accanto, né l’altro seduto al caldo della valle, connazionale di un altro mondo, che se c’è da verificare la presenza di una mitragliatrice piazzata dal nemico, ci vanno i contadini di vent’anni a fornire la risposta. In quella montagna attraversata dalla lepre e dalla volpe, da una struggente canzone napoletana che esce dalla bocca di un soldato, si muore come mosche, assurdamente. Il regista mette la purezza del paesaggio e (dell’uomo stesso) in contrasto con solita follia dell’essere umano. torneranno i prati (con la t minuscola) sopra quella barbarie, l’orrore sarà coperto dall’oblio, oltre che dalla grazia della natura immortale. Come, immortale, purtroppo, pare essere la follia della guerra, che genera quella violenza e quella morte che non le uccidi nemmeno col racconto migliore, nemmeno quando lo fai così da dentro e così incisivamente come riesce a un maestro di cinema che crede tantissimo in quello che fa. Ancora oggi, ad 83 anni. Ma almeno, a quei ragazzi che credevano nella patria, e che da questa sono stati barbaramente traditi, Olmi rende giustizia. Nel suo film la guerra non ha niente di epico: è solo dolore atroce e sacrificio, che diventano incredibilmente poesia. Ma le bocche dei soldati e i loro occhi trovano finalmente una voce, riescono a urlare, cento anni dopo esatti, quello che gli è accaduto, ciò che è stato loro fatto. Film da non perdere assolutamente. Non solo perché bellissimo.


CAST & CREDITS

(Torneranno i prati); Regia: Ermanno Olmi (Collaborazione alla regia: Maurizio Zaccaro); sceneggiatura: Ermanno Olmi; fotografia: Fabio Olmi; montaggio: Paolo Cottignola; musica: Paolo Fresu; interpreti: Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi; produzione: CINEMA UNDICI E IPOTESI CINEMA CON RAI CINEMA; distribuzione: 01 DISTRIBUTION; origine: Itala, 2014; durata: 80’


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