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Totò - Venezia 66 - Orizzonti

Pubblicato il 7 settembre 2009 da Nicola Lazzerotti


Totò - Venezia 66 - Orizzonti

Peter Schreiner porta in laguna un’opera difficile e per certi versi scostante. Con Totò (Antonio Cotroneo), infatti, il regista austriaco realizza una pellicola rarefatta, ambigua, persa in un incerto limbo a metà tra fiction e documentario. E a "metà" si trova anche lo stesso protagonista, un emigrante calabrese bigliettaio alla Konzerthaus di Vienna che vive sulla sua pelle un’aspra nostalgia della terra natia, una terra che rivediamo attraverso dei veri e propri viaggi mentali dell’uomo, ripresi in un opprimente bianco e nero. Il senso fisico del malessere provato dall’eroe di questa storia si manifesta, allora, oltreché nella parole e nei toni della voce di Totò impastata di passioni e ricordi, anche in una regia che si immedesima a tal punto nello stato d’animo oppresso del personaggio da diventare essa stessa, a sua volta, opprimente e difficile da digerire perfino per un pubblico allenato come quello presente in Mostra alla proiezione.
La messa in scena meticolosa e calibratissima è tutta tesa a creare una sorta di sconcerto visivo e sonoro. I continui primissimi piani e i dettagli del viso del protagonista, o la frammentazione continua del corpo degli attori, ripresi in modo da lasciar intravedere frazioni di gambe, braccia e bacini, fanno, infatti, da "cornice" a luoghi privi di qual si voglia interesse per lo spettatore. E’ come se lo sguardo del pubblico fosse trattenuto nel quadro visivo offerto, senza alcuna via di fuga relegato ed imprigionato sullo schermo. E i suoni, spesso ridondanti come l’andamento del treno (metafora forse scontata del viaggio?) o i rumori emessi dal corpo, come il respiro lento e pesante di Totò, appesantiscono volutamente la visione, frustrando lo spettatore.
Pur comprendendo l’intento dell’autore, ci appare eccessivo l’atteggiamento che egli assume. Se, infatti, provocare e mettere alle corde uno spettatore può essere un condotta ‘vincente’ per un certo cinema di ricerca, questa estrema coerenza e questa predilezione per un’azione di disturbo, adottata dal regista quasi con intenti sadici, è un vero stupro visivo, una violenza che costringe per le oltre due ore di visione all’annientamento per spossatezza o all’abbandono della sala. E’ evidente che l’operazione di Totò non è intrattenimento e che per approcciare una visione del genere bisogna assumere una certa predisposizione, ma crediamo che un respiro più breve e la presenza di momenti che potessero alleggerire la pellicola avrebbero giovato alla stessa. E dispiace perché una sua più che meritata dignità sarebbe stata sacrosanta, se l’autore avesse abbassato i toni della messa in scena.


CAST & CREDITS

(Id.); Regia: Peter Schreiner;interpreti: Antonio Cotroneo (Se stesso), Melo De Benedetto (Se stesso), Gaetano Dimarzo (Se stesso), Angela Simonelli (Se stessa); produzione: Echtzeitfilm; distribuzione: Sixpackfilm; origine: Austria, 2009; durata: 128’


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