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Tra Arte e commercio: Le strategie comunicative di King Kong

Pubblicato il 26 dicembre 2005 da Alessandro Izzi


Tra Arte e commercio: Le strategie comunicative di King Kong

Un film come King Kong segna, sotto molti aspetti, il capitolo estremo di una vera e propria rivoluzione copernicana nel gioco degli equilibri intercorrenti tra il processo produttivo di un’opera filmica e la sua stessa fruizione presso il pubblico. Una rivoluzione, quella di cui stiamo parlando, che prende corpo proprio nello spazio del kolossal fantastico (genere che maggiormente si rivolge ad un pubblico di massa) e che, se certo era già cominciata, in maniera più inconsapevole, con la trilogia di Il Signore degli anelli, sembra per adesso, almeno per quel che riguarda il caso Peter Jackson, destinata a chiudersi qui dal momento che la prossima pellicola del maestro neozelandese dovrebbe essere finalmente un film piccolo e intimista: The lovely bones tratto dall’acclamato romanzo di Alice Sebold (previsto per il 2007).
Mentre nei kolossal precedenti il pubblico, era, infatti, trattato come un’entità astratta e proteiforme da accontentare, blandire e sedurre con strategie comunicative messe appunto all’uopo, già con Il Signore degli anelli esso comincia ad assumere connotazioni nuove, non è più una realtà generica, ma una precisa fascia della popolazione con dei gusti e delle competenze che vanno finalmente prese in considerazione. In questo nuovo quadro di competenze lo stesso processo di realizzazione del film va portato avanti in uno stato di continuo confronto con le attese del pubblico ed ogni scelta creativa, pur se motivata dalla decisione finale del regista, che resta sempre ed assolutamente inoppugnabile, deve sempre tenere conto delle obiezioni e delle proposte reali che il pubblico stesso ha potuto esprimere concretamente alla macchina produttiva del film.
Internet diventa, quindi, il luogo ideale per un confronto costante, uno spazio in cui i fans possono colloquiare direttamente con i realizzatori della pellicola, esprimere i propri punti di vista sull’intera produzione dalle iniziali fasi di casting fino ai più complessi e meno conosciuti momenti della post produzione. Siti come www.theonering.net o www.kongisking.net divengono, allora, parti integranti della realizzazione della pellicola, sono elementi costitutivi della logica delle strategie comunicative dell’opera e lo stesso testo filmico comincia a perdere quella dimensione monolitica che l’aveva fino a questo momento contraddistinta per diventare, viceversa, un’entità sfocata, sfrangiata, di sempre più difficile definizione.
Se nel caso di Il Signore degli anelli la macchina produttiva si rivolgeva alle aspettative di un pubblico di per sé già abbondantemente formato ed internamente stratificato (quello dei fans di Tolkien che consideravano il testo di partenza come un vero e proprio libro sacro intoccabile ed inarrivabile) in quello di King Kong si aveva a che fare con una realtà totalmente diversa perché non esisteva, di fatto, una fascia di pubblico davvero devota al culto del possente primate. La macchina produttiva si trovava, quindi, nell’esigenza di dover "formare" un proprio pubblico da poter successivamente interpellare e l’unico modo per arrivare a questa situazione era quella di coinvolgerlo nel meccanismo produttivo in maniera ancora più invasiva di quanto non era accaduto nel caso della pellicola tolkinenana. Il successo delle bellissime appendici dei dvd della trilogia dell’anello che erano dedicate alle fasi salienti della realizzazione dell’opera, di fatto, già indicava una possibile strada da percorrere: il film doveva diventare un meccanismo quasi totalmente trasparente, trasformarsi in un’entità attraversabile e visitabile fin dalle sue primissime fasi realizzative. La curiosità dello spettatore doveva essere solleticata e blandita in tutti i modi possibili con un gioco in cui verità e finzione dovevano fatalmente intrecciarsi in una ridda di anticipazioni reali e falsi d’autore divertenti e grotteschi. Il regista, gli autori, gli attori, coinvolti nel gioco, si rivolgevano, quindi, ad un pubblico che non aveva ancora un film per farlo complice di un meccanismo ludico che era già, in tutti i suoi effetti un vero e proprio spettacolo prima dello spettacolo.
Ma la rivoluzione copernicana attuata da Peter Jackson non si ferma assolutamente qui, ma va ad intaccare tutta la fase di distribuzione dello stesso merchandising legato ad una pellicola ancora a venire. Dalla realizzazione del videogioco fino all’uscita del dvd dei Production diaries, passata per lo più sotto silenzio e vissuta nella migliore delle ipotesi come mossa prettamente commerciale motivata da una mera volontà promozionale per il lancio del film stesso, è tutto un profluvio di trovate che sono parte di un complesso gioco comunicativo assolutamente inedito. E non solo perché di fatto è se non altro la prima volta che un doppio disco di extra di un film esce addirittura prima dell’uscita in sala della pellicola, ma perché, in effetti, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio punto di non ritorno di una ridefinizione del rapporto del testo con il suo stesso contesto.
Il film si stacca definitivamente dalla sala (suo naturale luogo di fruizione) e si “proietta” indefinitamente ovunque nello spazio dei linguaggi, come un raggio di luce fatto passare in un prisma. Ma, soprattutto, diventa esperienza totalizzante che si prolunga per mesi, che vive con il proprio pubblico e che trova, nella visione finale al cinema, solo un momento (certo il più importante) della sua lunghissima e stratificata fruizione.


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