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Un amore all’improvviso

Pubblicato il 1 ottobre 2009 da Nicola Lazzerotti


Un amore all'improvviso

Si scrive Un amore all’improvviso (The Time Traveler’s Wife) e si legge La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, senza perdersi troppo nelle solita critica alle scelte dei distributori in materia di traduzione dei titoli, ci appare comunque assurda la decisione di dare alla traduzione cinematografica di un best seller un titolo diverso dall’originale, ma tant’è!

Henry (Eric Bana) è affetto da un’alterazione genetica, che lo fa saltare avanti e indietro nel tempo. Egli però non è in grado di controllare questo suo ‘dono’, che lo scaraventa in luoghi e tempi sconosciuti, lasciandolo ‘nudo’ (come accadeva in Terminator). Durante i suoi viaggi sarà spesso calamitato in luoghi consueti, vicino a persone molto importanti a lui assai care: come sua madre e, in particolar modo, tornerà a fare spesso visita a Clare (Rachel McAdams).
Clare farà la conoscenza di Henry in vari momenti della sua vita, prima da bambina, poi da adolescente e da adulta. Questo rapporto si trasformerà in breve in una storia d’amore.

Il primo elemento che emerge, chiaro, dalla visione del film è un certo senso di sconforto, dettato dalla presenza di un ineluttabile ordito. Tanti sono i fattori che attestano questa sensazione, primo su tutti quello narrativo. L’impossibilità di cambiare il corso del tempo è una riflessione spesso presente nel film, come quando Henry tenta, non riuscendovi, di impedire la morte della madre (in realtà quest’elemento non è mostrato ma solo raccontato dal protagonista). Tanto che nel momento in cui lei le si para davanti, egli sa solo scambiarci qualche fugace parola, dettata più dall’amore che dalla ragione.
Altrettanto straniante è il rapporto d’amore tra i due protagonisti, tenendo presente che il film è nelle premesse un grande romantico dramma, ci si rende conto che questa storia è in realtà frutto ancora di un destino ineluttabile. L’Henry adulto conquista, per non dire circuisce, la giovane Clare bambina e questo fa sì, e in un certo senso obbliga, che lei faccia altrettanto con lui, da adulta. A guardare bene questa loro storia d’amore non ha alternative e non è frutto della scelta individuale, ma di una certa predestinazione da cui i protagonisti non possono fuggire. Ed è forse proprio questo che indebolisce la pellicola, se nel libro il tempo della narrazione permetteva l’assuefazione a questo status esistenziale dei due innamorati e quindi la pacificazione dello spirito critico del lettore verso questo punto, ciò non avviene nel film. Infatti né la scrittura, troppo discordante, né la regia, che per quanto ineccepibile stilisticamente risulta sempre troppo fredda e impersonale, sono in grado di sostenere correttamente e realisticamente questa messa in scena. A contribuire negativamente anche un finale aperto, in un qualche modo sospeso tra speranza e rassegnazione, capace solo di rafforzare ulteriormente quella strana sensazione di sconforto.


CAST & CREDITS

(The Time Traveler’s Wife); Regia: Robert Schwentke; sceneggiatura: Bruce Joel Rubin dal romazo La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger; fotografia: Florian Ballhaus; montaggio: Thom Noble; musica: Mychael Danna; interpreti: Eric Bana (Henry), Rachel McAdams (Clare), Ron Livingston (Gomez), Michelle Nolden (Annette); produzione: New Line Cinema; distribuzione: 01 Distribution; origine: U.S.A., 2009; durata: 107’


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