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L’amore secondo Isabelle

Pubblicato il 22 aprile 2018 da Anton Giulio Onofri
VOTO:


L'amore secondo Isabelle

Isabelle è una splendida cinquantenne, è divorziata, ha una figlia, è sempre, o ancora, alla ricerca del grande amore, e ha il volto carnale e magnifico di Juliette Binoche, illuminato dal sorriso dolceamaro di Un beau soleil intérieur, un bel sole interiore, che una vita di delusioni e sconfitte piccole e grandi non è ancora riuscita a estinguere. Claire Denis torna con un film nuovo di zecca, scelto per aprire i giochi della Quinzaine des réalisateurs, la sezione del Festival di Cannes più intellettualmente, appassionatamente e disperatamente innamorata del cinema, accolto al termine della proiezione da un applauso scrosciante e festoso. Una Denis più morbida dell’usuale, che ha deciso di innamorarsi della sua protagonista e dei suoi amici e amanti utilizzando un cinema asciutto ed essenziale come lente di ingrandimento puntata su corpi, volti ed emozioni con il risultato di farcene innamorare anche noi, spinti fin quasi a toccarli fisicamente, e inevitabilmente cadere, curiosi e divertiti, nella giostra ordinaria ed eroica delle loro vite. Un film sul turning point dell’età che prelude all’inizio del declino corporale (non c’è vergogna né pudore nel mostrare la pelle non più fresca dei diversi uomini impegnati negli amplessi con la fragile e disincantata Isabelle) cui corrisponde un’esigenza maggiore di concretezza sentimentale, abbinata alla consapevolezza di un tempo che si fa più stringente e inesorabile. Un copione di scrittura densissima, la cui qualità letteraria tutta francese affiora con evidenza grazie alla naturalezza di un cast così magistralmente assemblato da dare l’impressione permanente di una continua improvvisazione in presa diretta. Non c’è ombra di tristezza né pessimismo, ma solo una dolce, materna indulgenza, espressa con una macchina da presa che è quasi un’umana e discreta presenza rivelatrice di sussulti e intermittenze del cuore, in sincronia con le nostre reali speranze di trovare un senso, o almeno un filo di Arianna cui affidarci per uscire dal labirinto dei nostri stessi complessi e delle nostre stesse insicurezze. Un piccolo grande film, una conte philosophique che sfodera nella lunga (e già cult) sequenza finale dei titoli di coda un indimenticabile Gérard Depardieu portavoce ironico, nichilista e spietato dell’immancabile morale conclusiva. Un dono del cielo, insomma, anzi un dono del cinema, di quel cinema che, pascalianamente, non ha mai smesso di usare la ragione per investigare il cuore.


CAST & CREDITS

(Un beau soleil intérieur); Regia: Claire Denis; sceneggiatura: Claire Denis, Christine Angot; fotografia: Agnès Godard; montaggio: Guy Lecorne; musica: Stuart E. Staples; interpreti: Juliette Binoche, Xavier Beauvois, Josiane Balasco, Gérard Depardieu; produzione: Curiosa Film; origine: Francia, 2017; durata: 94’


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