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UN FUNERALE DELL’ALTRO MONDO

Pubblicato il 18 febbraio 2003 da Edoardo Zaccagnini


UN FUNERALE DELL'ALTRO MONDO

Qualche anno fa qualcuno diceva “keep cool”. Più che un monito o un allarme era uno sguardo facile, lucido e incontrovertibile. Un viale del tramonto dove non c’è niente da capire.Una profezia scientifica sulla direzione di una cultura. Oggi una commedia discutibile aggiorna sul viaggio, sui rapporti tra la tradizione cinese e l’inevitabile. Un funerale dell’altro mondo è questo. Perché la crisi dell’artista, abbozzata e grottesca, è meccanismo narrativo. È spunto meraviglioso perché costruito sulla faccia di un Donald Sutherland un po’ Frodo un po’ metallica. Ma niente più di questo. Stando alle immagini virtuose del regista Feng Xiaongang, non solo la Cina si è ufficialmente prostituita alla globalizzazione, ma ha imparato il mestiere talmente bene da poterlo insegnare. Se tutto è commercializzabile e per ciò ha valore, gli ex maoisti si improvvisano norcini: non buttano niente. Il maiale lo fa, inconsapevolmente, un regista onesto e in crisi, affascinato da Confucio e da una tradizione tutta dove il sacro ha grande forza. O almeno aveva. Già, perché un funerale-festa è oggi un funerale-spettacolo. Il costume è business, la tradizione è marketing. L’occidente è arrivato ed è nella bottiglietta di Coca Ccola che beve il piccolo imperatore. È nella trasformazione di una cerimonia funebre in un fenomeno mediatico dove in tanti si arricchiscono senza sapere chi è il morto. E soprattutto la nevrosi occidentale è nella (geniale e divertentissima) trasformazione di un cadavere in centro commerciale, dove ogni parte del corpo è una vetrina. Ma una commedia può godere del privilegio di non essere presa alla lettera. Specialmente quando, come in questo caso, devia sul grottesco, sul sovraccaricato. E difatti l’avidità innesta la risata, è il motore della comicità. Un motore in verità, mal carburato e non molto potente. L’idea, a riassumerla, è infatti più accattivante di quanto non sia poi la realizzazione in immagini. Primo perché la sceneggiatura è contorta e confusionaria, secondo perché il funambolico Feng (apprezzabile soprattutto per il film drammatico Sigh) è troppo preso da gratuiti esercizi di stile (continui movimenti di macchina e riprese dal basso) per dare compattezza e autentica credibilità al suo lavoro. Rimangono simpatiche citazioni e dialoghi a tratti convincenti, una testimonianza datata ma non priva di importanza. Mai puro godimento.

[febbraio 2003]

regia: Feng Xiaongang, sceneggiatura: Feng Xiaongang, Li Xiaongang, Shi Kang, montaggio: Zhou Ying fotografia: Zhang Li, interpreti: Donald Sutherland, Rosamund Kwan, Ge You, musica: Bao San produzione: Columbia Tristar Films, durata: 100’

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