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Un silenzio particolare

Pubblicato il 12 novembre 2004 da Mazzino Montinari


Un silenzio particolare

La vita colta sul fatto nel suo darsi imprevedibilmente, questo è ciò che accade nei documentari migliori, quelli che testimoniano la realtà senza fare appello a una premessa ideologica. E questo ha saputo fare Stefano Rulli con Un silenzio particolare. Un film duro e difficile da realizzare, ma anche terapeutico e gioioso. Osservare la vita è un’esperienza che di certo non concilia e, però, può essere una forma di terapia, una presa di coscienza della distanza (e del continuo tentativo di colmarla) tra un individuo e l’altro, tra un essere umano e il mondo, tra le intenzioni e gli effetti delle proprie azioni. E questo riguarda Stefano e Matteo, padre e figlio, come tutti noi. Se è vero che in Un silenzio particolare si racconta in forma di diario l’esistenza quotidiana di un uomo alle prese con un ragazzo affetto da disturbi mentali e viceversa quella di un ragazzo alle prese con un uomo talvolta troppo attento e premuroso, ognuno di noi può sentirsi coinvolto e può identificarsi con i personaggi, al di là del tema specifico della malattia mentale e delle problematiche familiari che ne derivano. Ognuno di noi prova quotidianamente l’esperienza di avvicinarsi all’altro sperimentando la gioia di un tentativo riuscito così come il dolore di un fallimento. Ognuno di noi pensa che a un’intenzione corrisponda un’azione con degli effetti sicuri. E invece ciò che facciamo nel mondo si modifica, assume forme impreviste perché irrimediabilmente viene recepito in modo diverso. E’ il nostro stare insieme agli altri che ci rende fragili, esposti all’errore e alla possibilità del rifiuto, ma al tempo stesso ci rende forti se a venir fuori è quel sentire comune che anche per un solo istante avvicina un individuo al suo prossimo. Vi sono dei momenti delicati ed emozionanti nel film di Rulli, momenti nei quali si comprende quanto la vita, nonostante tutte le esperienze fatte, imponga di ricominciare da capo eliminando ogni certezza dal campo. Stefano avvicina Matteo e la loro relazione funziona. Poi accade qualcosa che frantuma quel legame e i due sono nuovamente lontani. Si ricomincia da capo a percorrere un sentiero che di volta in volta sembra portare nella direzione giusta per poi interrompersi bruscamente. Non si vuole in nessun modo omologare quella che è e resta un’esperienza privata ma, come detto all’inizio, un documentario riuscito è quello nel quale si cerca di cogliere la vita sul fatto senza premesse ideologiche e senza la pretesa di essere propedeutici. Rulli non vuole insegnare come si può essere padri di un figlio con determinati disturbi. Stefano e Matteo, così come gli altri protagonisti del documentario, si mostrano così come sono e, dunque, si fanno esempi universali di esistenze particolari.


CAST & CREDITS

regia, sceneggiatura: Stefano Rulli; fotografia: Ugo Adilardi; montaggio: Clelio Benevento, Lorenzo Macioce; musica: Carlo Siliotto; interpreti: Matteo Rulli, Stefano Rulli, Clara Sereni, Giorgio Arlorio, Luda Arlorio, Monica Barranco, Nicolas Barranco, Paolo Beccantini; produzione: Paneikon; distribuzione: Sacher; origine: Italia 2004; durata: 75’


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