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VECCHIE

Pubblicato il 17 dicembre 2002 da Giovanni Spagnoletti


VECCHIE

Una macchina da presa “straubiana” spia con ottica fissa (in un bel bianco&nero digitale illuminato da Paolo Ferrari) la scena che si svolge in un soggiorno di una casa di vacanze al mare, in un luogo imprecisato di vacanza dell’Italia centro meridionale, probabilmente non lontano da Roma. E’ un guardone silente e voglioso che al pari di Alfred Hitchcock o di Michael Powell oppure, se si vuole più modernamente, di un’asettica camera di controllo di una banca o di un supermarket, scruta e riprende in presa diretta una coppia di donne. Sono Agata e Letizia, due amiche sulla sessantina: parlano, litigano, sproloquiano, si confessano quanto probabilmente non si erano mai dette prima - niente grandi segreti solo piccole cose quotidiane e banali. Per tutto lo svolgimento del film (81 densi minuti) resteranno in camicia da notte e non riusciranno mai ad uscire dal loro piccolo appartamento-prigione. Ogni scusa, infatti, sarà buona per cambiare discorso e ritardare quell’uscita di casa sempre invocata che alla fine non avverrà mai. E’ su questa struttura, su questo tranche de vie - nato come afferma l’autore da “la voglia di lavorare nuovamente con degli attori, dopo tanto cinema della realtà” - che il noto filmaker e documentarista piemontese costruisce la sua ultima, intensa fatica. Generato quasi da un azzardo, da una scommessa produttiva (artefice il mago italiano del low-budget Gianluca Arcopinto con la sua Pablo) e dal creativo apporto delle due interpreti-cosceneggiatrici Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin (che per altro aveva già lavorato con Segre in Manila Palma Bianca nel 1992), Vecchie sembrerebbe dunque cinema diretto allo stato puro, qualcosa che assomiglia quindi più al documentario che non alla fiction. Ed invece è un prodotto che si pone ad una via di mezzo tra due opposti - un po’ come il cinema analitico dell’inglese Mike Leigh. E quella che potrebbe sembrare un’operazione naive o peggio il superfluo prodotto di una logorrea senile, diventa invece un piccolo gioiello di abilità attoriale che richiede dallo spettatore una grande attenzione e un’altrettanto grande disponibilità ad entrare nella psicologia delle protagoniste. Il che presuppone una pazienza al di fuori del cinema maistream fatto solo di avvenimenti ed effetti speciali. Una cura disintossicante dello sguardo, un Kammerspiel di superba forza immaginifica, al di là del semplicemente visibile dentro l’inquadratura. E’ perciò che lo sconsigliamo, comunque e caldamente, a chi nel cinema cerca solo il gusto fracassone dell’azione e del movimento, e lo raccomandiamo invece ai gourmet dello sguardo.

Regia e montaggio: Daniele Segre; sceneggiatura: D.S con la collaborazione di Maria Grazia Grassini e Barbara Valmorin; fotografia: Paolo Ferrari; scenografia e costumi: Daniele Segre; interpreti: Maria Grazia Grassini, Barbara Valmorin; produzione: Pablo (Roma)/I cammelli (Torino); distribuzione: Pablo; origine: Italia 2002; durata: 81’

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