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La vida de los peces

Pubblicato il 28 giugno 2013 da Giovanna Branca


La vida de los peces

Approfondimento in chiave "seria" - e stavolta con un buon budget a disposizione - delle tematiche film d’esordio Sàbado, La vida de los peces del cileno Matias Bize è un film che mira a rievocare il passato dei personaggi attraverso il solo uso del dialogo. Andrés, il protagonista, ha trentatré anni e ritrova i suoi amici d’infanzia e i loro parenti dopo un’assenza dalla sua città natale (presumibilmente Santiago, anche se non viene mai nominata) durata dieci anni, per via del suo lavoro come “recensore” di luoghi esotici e anche a causa della paura di rivedere la compagna della sua gioventù, Bea, ormai moglie e madre. La storia si svolge interamente in casa di un amico di Andrés che festeggia il compleanno; ma nonostante la sostanziale unità di luogo l’ambiente si fraziona in una serie di interni visivamente non comunicanti, ognuno associato ad un diverso personaggio con cui il protagonista rievoca i giorni ormai passati della sua vita a Santiago: la vecchia governante, i figli dei suoi amici, ovviamente gli amici stessi e così via.
I pesci del titolo fanno il loro ingresso in scena nella sequenza cruciale del film, il confronto tra Andrés e Bea, quasi interamente ripreso attraverso un acquario. L’acquario e i pesci “intrappolati” sono una non troppo sottile metafora della vita da cui il protagonista è fuggito: il sogno piccolo borghese del lavoro, di una famiglia e di un luogo a cui appartenere.
Andrés invece vive a Berlino, viaggia costantemente e non ha relazioni stabili. Ma la stessa libertà che tutti gli invidiano - o sembrano invidiargli - non è appagante ed è forse anch’essa costruita su vacui stereotipi, così che la trama finisce per ritrarre frustrazioni e rimpianti opposti e apparentemente insanabili, ed in fondo due facce della stessa medaglia. L’intento ambizioso di dare corpo ai fantasmi del passato – ai ricordi e ai rimpianti – solo attraverso il dialogo tra personaggi è perseguito tenendo la macchina da presa costantemente attaccata agli attori, ripresi quasi sempre in primo piano, spesso ai margini dell’inquadratura e sfuocati, in una maniera che ricorda palesemente il cinema di Cassavetes, il suo “pedinamento” degli interpreti, specialmente se si pensa a Ben Gazzara in L’assassinio di un allibratore cinese. Inoltre, la stessa tematica dell’amicizia e della libertà agognata e irraggiungibile è forse memore di uno dei capolavori del regista americano, Mariti, anche se nell’opera di Bize viene declinata in maniera totalmente diversa.
Nonostante tutto, il film sconta un’ eccessiva verbosità, ed un certo schematismo con cui gli eventi del passato del protagonista vengono lentamente portati alla luce, seguendo una traiettoria un po’ troppo prevedibile.
Ben poco viene lasciato al non detto, e la stessa metafora vita/acquario che regge il film risulta essere smaccatamente letterale. Nonostante l’innegabile competenza degli attori, alcuni dei quali, come la protagonista, Bize si porta dietro dal suo esordio, il film non riesce a colpire quanto lo straordinario Sàbado.


CAST & CREDITS

(La vida de los peces) Regia: Matìas Bize; Sceneggiatura: Matìas Bize, Julio Rojas; fotografia: Bárbara Álvarez; montaggio: Javier Estévez; interpreti: Santiago Cabrera (Andrés), Bianca Lewin (Beatriz), Antonia Zegers (Mariana), Víctor Montero (Pablo); produzione: Ceneca Producciones; origine: Cile; durata: 84‘.


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