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Il giovane favoloso

Pubblicato il 17 ottobre 2014 da Giovanna Branca
VOTO:


 Il giovane favoloso

Leopardi è per tanti aspetti come il Risorgimento: materia scolastica obbligata, capitolo di un libro di testo a cui il libro stesso non rende giustizia. Come già aveva fatto rimettendo in scena gli anni in cui l’Italia divenne ciò che è oggi, Mario Martone con Il giovane favoloso riporta in vita – con il fondamentale aiuto di Elio Germano – il sommo poeta di Recanati di cui lo studente medio sa pressappoco solo che era gobbo, malaticcio, infelice ed innamorato della popolana la cui finestra stava di fronte alla biblioteca in cui passava le sue giornate di studio “matto e disperatissimo”. Ma quella di Martone non è certo un’opera didattica: portando sullo schermo Leopardi rende piuttosto al “giovane favoloso” quella giustizia di cui proprio la didattica lo aveva privato.

Con il consueto capillare lavoro di ricerca e di ricostruzione storica – l’ambito in cui più propriamente si esplica il talento di Martone – il regista punta a ritrarre un uomo del suo tempo i cui interrogativi e senso di libertà travalicavano però la sua epoca storica, una mente acutissima e vivace che trascende i limiti di un corpo sofferente. E lo fa senza senza quasi mai incorrere negli errori che sono spesso propri dei biopic che si confrontano con personalità monumentali: in primo luogo la “modernizzazione” ex post di un uomo del passato, la forzatura del suo pensiero e della sua indole perché vadano a combaciare con tematiche contemporanee.

Certo molto del pensiero di Leopardi fu in anticipo sui tempi, ma perché come tanti grandi uomini si è posto problemi senza tempo, che vanno oltre la pedante suddivisione per secoli della storia del pensiero umano. Ma Il giovane favoloso di Martone è soprattutto un sentito e sensibile ritratto di un uomo e delle sue passioni, il cui profondo senso di libertà lo estrania sia dalla sua famiglia – ed in primo luogo dall’amatissimo padre – che dagli altri intellettuali del suo tempo. Il lungo film di Martone non è forse sempre all’altezza del compito che si prefigge: non è esente da qualche momento meno coinvolgente o da qualche forzatura. L’unica licenza poetica che il regista si prende, ad esempio, ci mostra il protagonista in un bordello, cosa di certo non esecrabile ed anzi più che comprensibile, ma non si capisce l’accanimento “fantozziano” con cui si racconta questo ennesimo fallimento nell’entrare in maggiore intimità con il mondo femminile. E tuttavia il film tocca momenti di vera eccellenza, tra cui spicca la ricostruzione della Napoli di allora colpita dall’epidemia di colera. Una menzione d’onore va obbligatoriamente ad Elio Germano, che si confronta con un personaggio per cui c’è un pericolo fortissimo di riduzione a macchietta, di scivolamento nel grottesco o nel patetico, a cui restituisce invece tutta la sua dignità ed ardore. La sequenza finale è un momento di vera poesia, e riporta con la lettura di "La ginestra" il poeta di Recanati in un presente storico in cui la sua visione del mondo non ha perso neanche una virgola della sua risonanza.


CAST & CREDITS

(Il giovane favoloso); Regia: Mario Martone; sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita Di Majo; fotografia: Renato Berta; montaggio: Jacopo Quadri; musica: Sascha Ring; interpreti: Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco ; produzione: Palomar, Rai Cinema;origine: Italia, 2014; durata: 137’;


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