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Venezia e cartoni



Venezia e cartoni

A festa finita, proiettori abbassati e luci spente dopo dieci giorni di caotico trantran tra Piazza San Marco e passerelle di divi impomatati, il Festival della Laguna si è eclissato come al solito al meglio di polemiche, disservizi e grandi anteprime succulente. E a giocherellare importanti tra una kermesse di titoli effettivamente spaventosa e quasi infinita, quasi leggere ed eteree le ultime produzioni animate che, c’è da dirlo, una volta tanto non hanno fatto rimpiangere Cannes 2004 (Shrek 2 in concorso). Che poi alla corsa al Leone d’Oro abbia partecipato sul serio fino alla fine anche l’ultimo egregio lavoro di Hayao Miyazaki è tutto dire. E la chiamavano invasione: complice la distribuzione della BuenaVista, Miyazaki è ora il cartoonist giapponese più visto e apprezzato al mondo, portabandiera di una idea di cinema animato che tra l’altro, tra elettronica e 3D, adesso i più importanti Festival cinematografici del mondo si litigano tutto l’anno. Prendete, appunto, Venezia 2004. Quando mai si erano visti al Lido, tutti insieme, un lungometraggio animato in concorso (Miyazaki, appunto), un assaggio galeotto del tridimensionale e iperrealistico Final Fantasy 2, l’ultimo urlo di Mr. Akira Katsuhiro Otomo battezzato Steamboy, il Supercamello fuori concorso e pacifista di POP - Pace of Peace e, last but not least, l’anteprima mondiale del nuovo Toon della DreamWorks di Spielberg e Katzemberg? Forse adesso l’animazione è di moda o fa tendenza (fa tendenza oramai anche nelle politiche di mercato tra Majors e in quelle di distribuzione, evidentemente) ma, c’è da ammetterlo, vedere vincitore Hauro No Ugoku Shiro del Premio Osella per il miglior contributo tecnico un certo effetto lo fa. Sarà perché a Venezia un anime non beccava premi dalla preistoria (Osamu Tezuka con Jungle Taitei, Leone di S. Marco alla 19° Mostra del Cinema per Ragazzi di Venezia: anno di grazia 1966...); sarà perché è stata la prima volta che Miyazaki si confrontava in un Festival come questo con un romanzo europeo (Il castello errante di Howl, di Diana Wynne Jones); sarà perché quando si tratta di pacifismo in tempi come questi operazioni no profit come POP - Pace of Peace ti riempiono gli occhi di lacrime; o sarà anche perché, per la prima volta in assoluto, Piazza San Marco è divenuta terra di conquista per i pesci digitali del post-Nemo targati Shark Tale (uno spasso: protagonisti con voci e volti computerizzati dei vari Bob De Niro, Jack Black, Will Smith, Angelina Jolie, Renée Zellweger e Martin Scorsese in un mondo sottomarino che rifà il verso al cinema delle saghe hollywoodiane su Cosa Nostra). Forse sarà stato tutto questo insieme o la semplice, subacquea e mai prima tentata magia di riempire Piazza San Marco con cinquemila persone silenziose dotate di cuffiette personalizzate per guardare in silenzio l’erede di Finding Nemo, per allagare all’improvviso piccioni e gondole a suon di risate; o forse sarà stato solamente constatare che alla fine, anche dopo l’epoca dell’impero Disney, qualcuno che ancora sappia fare dell’ottima animazione in più salse è rimasto e se ne sono accorti. Qualunque cosa sia successa a Venezia comunque, certo ci si deve rendere conto che il rispetto per le produzioni animate, seriali e non, è effettivamente mutato, anche al di là delle mode passeggere. Ovvio, dopo Berlino 2002 (Orso d’Oro a Miyazaki, sempre lui, per La città incantata) in un certo senso ce lo aspettavamo. Però, ragazzi, anche così è bello ugualmente...

[settembre 2004]


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