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Walesa - Man of hope

Pubblicato il 8 settembre 2013 da Giammario Di Risio

VOTO:

Walesa - Man of hope

È impossibile, parafrasando Massimo Gramellini, presentare la storia sotto le lenti dell’obiettività e dell’imparzialità. Il cinema poi, quando entra in questo campo minato, ecco che oscilla nella volontà di volersi fare documento, segno o semplice simbolo, finestra di un determinato periodo o personaggio. Qui la significazione è tutta giocata su un doppio binario, da un lato il rivoluzionario venuto dalla fabbrica e dall’altro lato la giornalista d’assalto che lo tedia. Due contrapposte personalità che vivono di botta e risposta; l’impressione finale che emerge è quella di un versante agiografico percepibile sin dalle prime sequenze.

Polonia: 1981. Nella sua casa di Danzica, Lech Walesa, braccio e mente del sindacato operaio Solidarność, rilascia un’intervista alla giornalista italiana Oriana Fallaci. Questo filo d’oro, fatto di un confronto franco e acceso, diventa il pretesto per ripercorrere la parabola del carismatico leader politico negli anni dello sganciamento della Polonia dal blocco sovietico. Si parte dagli anni Settanta, con le prime manifestazioni degli operai dei cantieri navali di Gdańsk, passando per la nascita del sindacato autonomo dei lavoratori e arrivando alle immagini di Walesa che parla alla Casa Bianca nel 1989. In mezzo viviamo i tanti arresti del protagonista, i continui litigi con la moglie, che ritirerà, al posto suo, il Nobel per la pace nel 1983, e la continua tensione a cercare la giustizia per il suo popolo.

La regia è da registro epico-mitico, con un continuo principio di causa effetto mentre scorriamo gli episodi della storia introdotti, ciclicamente, dall’intervista. Quest’ultima si gioca tutta sul campo-controcampo tra il personaggio della Fallaci e quello di Walesa: due incalliti fumatori che si prendono la responsabilità di raccontare allo spettatore anni pieni di incognite. Ovviamente il focus è sul leader politico e, tra manifestazioni ricostruite sul set che si affiancano a immagini di repertorio, ecco che Walesa diventa un eroe capace di attrarre, con la sua personalità, ogni forza antagonista ai governi polacchi filo-sovietici e alla matrigna Russia.

La storia è ben altra cosa, visto il torbido che ha sempre circondato un personaggio/manifesto degli anni della guerra fredda. La figura qui presentata non contribuisce a comprendere i reali giochi di potere di quel periodo. Nonostante la fetta di narrazione vada dagli anni Settanta alla caduta del muro di Berlino, non emergono mai i ruoli, fondamentali nello sganciamento della Polonia dalla Russia, di Papa Giovanni Paolo II o dell’America. In più mai si allude a possibili finanziamenti occulti ricevuti da Solidarność. Restando al linguaggio, riscontriamo una pregevole cifra attoriale e una regia classica e impeccabile portata in dote dal maestro Andrzej Wajda.


CAST & CREDITS

(Walesa); Regia: Andrzej Wajda sceneggiatura: Janusz Glowacki; fotografia: Pawel Edelman; montaggio: Milenia Fiedler, Grazyna Gradon; interpreti: Robert Wieckiewicz, Agnieszka Grochowska, Iwona Bielska, Maria Rosaria Omaggio produzione: Akson Studio, Canal + Polska, Telewizja Polska; origine: Polonia, 2013; durata: 127’;


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