X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Wall-e

Pubblicato il 17 ottobre 2008 da Sara Ceracchi


Wall-e

Ora, ad essere sinceri saremmo senza parole, ma se siamo qui è per ragguagliarvi su ciò che vi aspetta nelle nostre sale, quindi cercheremo di trovarle nel groviglio delle nostre emozioni.
A vedere opere come Wall-e si ringrazia fortemente per il dono della vista. E partendo proprio da questa considerazione potremmo tentare di darci un ordine in questo resoconto tracciando come una serie di elementi concentrici che ci portino al centro del film partendo dal più esterno, ossia dalla sua veste.
Pur concepito nel 1994 dai pionieri della Pixar (Lasseter, Ranft, Stanton, Docter) Wall-e nasce solo oggi, e si avvale quindi di sistemi per il rendering delle immagini di livello futuristico: i primi trailer del film si videro lo scorso anno all’anteprima di Ratatouille, e benché anche quel film ci avesse lasciato positivamente di stucco, il tarlo della curiosità per Wall-e iniziò a roderci proprio dopo quei trailer. Quelle immagini ci avevano lasciati nel dubbio che non si trattasse di animazione ma di riprese dal vivo: gli ambienti, la luce, l’aria impastata di polvere, la ruggine, tutto era così fedelmente ispirato alla realtà che solo gli occhi di Wall-e poterono fugare ogni perplessità.
Ma certo non è questo che fa la grandezza di un film. Non è la vicinanza al vero, anche se sicuramente l’aspetto è fondamentale per il risultato d’insieme, e soprattutto è indice di quanta ricerca e quanto ingegno si trovi alle spalle di un opera come Wall-e, fatto che aggiunge un particolare pregio al prodotto: ma, e qui passiamo all’elemento più interno, l’ultima fatica Pixar ha talmente tante qualità che il fotorealismo sta lì tra le altre cose come una bella ragazza alla finale di miss Mondo.

Quello che infatti per varie ragioni non è mai mancato ai creatori di quella che è ormai la nuova frontiera dell’animazione –ma oserei dire del cinema tutto-, sempre generosa di novità stupefacenti e nuovi inviti a proseguire sempre oltre, è stato proprio riferirsi in primis ai contenuti delle pellicole, relazionando ad essi soprattutto le possibilità tecniche e le nuove scoperte nel campo della computer grafica. E chissà se per bravura o per fortuna (o entrambe le cose) l’interdipendenza quasi forzata tra storie e tecnica ha più che spesso generato grandi sceneggiature, grandi concetti prima mai toccati dal mondo dell’animazione (se si escludono piccole produzioni d’essai), a partire dal glorioso Toy Story, con i soli piccoli scivoloni di A Bug’s Life, Cars e Alla ricerca di Nemo (che peccavano di ovvietà nelle trame): così Wall-e certo non delude da questo punto di vista, e gli artisti Pixar ormai forti e sicuri nel dar vita a personaggi organici e non organici, giocano con una storia che vede insieme robot ed esseri umani in un futuro inquietante, ipertecnologico, sommerso di rifiuti ma ancora e sempre bisognoso di sentimenti potenti. Non una parola in più sulla trama, che va personalmente scoperta, gustata e meditata mentre strizza l’occhio a 2001 di Kubrick, Blade Runner, e sicuramente anche ad ET senza mai copiare, bensì rielaborando grandi realtà che riguardano tutto il mondo, molto più ora che quando uscirono quegli altri capolavori del cinema fantascientifico.
Tutto questo perché al centro di tutto c’è lui, Wall-e, un robottino della nettezza urbana, vecchio settecento anni, arrugginito e forse neanche troppo intelligente. Fisicamente il robottino è un capolavoro di meccanica riprodotto in 3d. Il suo modello infatti non è stato realizzato con la creta, come accade per i personaggi organici prima che siano modellati, ma è stato prima costruito come un vero robot telecomandato (in rete è possibile vederne dei video).

Ma soprattutto Wall-e è uno di quei personaggi che bene o male sono emblemi dell’esistenza, e che si trovano in tutte le storie di sapore universale. Il robottino si ritrova parte di un mondo senza averlo mai voluto, ma non per questo si fa troppe domande: è un compattatore di immondizia e compatta l’immondizia, senza desiderare di fare altro. Negli anni ha però sviluppato una personalità, e possiede la curiosità immediata di un bambino per tutto ciò che lo circonda: come lo definiva Andrew Stanton, quando il robot era solo un idea, Wall-e è la cosa più umana rimasta nell’universo. La sua intelligenza quasi elementare lo porta ad agire d’istinto, a fare solo ciò che immediatamente sembra più giusto senza considerare le conseguenze future. Così, come una sorta di uomo primitivo catapultato al centro di Tokyo, quando s’innamora di Eve, una modernissima sonda spaziale, Wall-e la segue senza neanche porsi il problema di non essere adatto o di non saper muoversi in un ambiente di 700 anni più moderno di lui. Sente di sapere benissimo cosa realmente conti, di cosa gli importa più di tutto, e in virtù di questo procede con coraggio dentro un universo dove la passione, il vero motore di ogni cosa, sembra essere rimasta solo nel suo cuore di latta: Wall-e è l’unico in grado di infondere in chiunque la priorità della propria essenza “umana”, l’unico ad essere inconsapevolmente alla ricerca di un equilibrio tra esistenza, tecnologia e futuro, in un coraggioso balzo, fisico e ideale, fuori da tutte le imposizioni.


CAST & CREDITS

(Wall-e) Regia: Andrew Stanton; soggetto: Andrew Stanton, Pete Docter; sceneggiatura: Andrew Stanton, Pete Docter, Jim Reardon; fotografia: Danielle Feinberg; montaggio: Stephen Schaffer; musica: Thomas Newman, Peter Gabriel; produzione: Disney-PIXAR; distribuzione: Walt Disney Pictures; origine: USA 2008; durata: 98’


Enregistrer au format PDF