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Watchmen

Pubblicato il 6 marzo 2009 da Giampiero Francesca


Watchmen

Portare in scena le complesse vicende degli eroi del graphic novel di Alan Moore non era certamente un’impresa facile. L’intricato sincretismo culturale di Watchmen, le molteplici sottotrame storico-filosfiche, le innumerevoli influenze artistiche e letterarie, rendevano quasi impossibile trarre dagli albi di Alan Moore una pellicola fluida, strutturalmente e narrativamente organizzata. L’opera di Zack Snyder, da questo punto di vista, non fa che confermare questo triste presagio.

Per comprendere meglio la complessità dell’opera di Moore, per aprire un piccolo squarcio sui temi trattati in Watchmen, prendiamo spunto da tre protagonisti del film, dirette metafore di più ampie e profonde riflessioni.

Edward Blake, Il comico ovvero del Culto degli eroi

Efferato, violento, immorale, brutale. Questo è The Comedian. Dalla guerra in Vietnam all’assassinio di Kennedy, dalla Seconda Guerra Mondiale alla formazione delle prime squadre di vigilanti mascherati (episodi genialmente raccolti nei titoli di testa della pellicola sulle note di The times they are a-changin’di Bob Dylan) Edward Blake ha sempre tenuto alto il suo vessillo di brutale vendicatore. Eppure, agl’occhi dei suoi colleghi eroi, lui resta, nonostante tutto, uno di loro. Neanche l’omicidio a sangue freddo di una giovane vietnamita o le rappresaglie assassine verso indifesi manifestanti scalfiscono la sua aura da eroe. I suoi “lapsus morali” non intaccano minimamente la sua essenza. L’eroe è infatti, secondo la concezione romantica sostenuta nella pellicola, il solo arbitro della giustizia umana. Sano portatore di un ethos superiore l’eroe infatti non può e non deve preoccuparsi di un umana perfezione morale. Questa concezione, riecheggiante posizioni nazionalsocialiste, sembrano esser avallate dagli autori quasi senza critiche, lasciando un amaro retrogusto, una spiacevole sensazione di approvazione al comportamento dissennato del Comico. Una sensazione spiacevole che non riguarda, purtroppo, solo questo carattere.

Il Dr. Manhattan ovvero dell’Analogia dell’orologio

Se nel caso del Comico, come anche di Ozymandias o del Gufo Notturno, la sottotrama resta celata fra le pieghe del canonico racconto delle gesta di supereroi per il Dr. Manhattan la riflessione più profonda assurge al ruolo di vicenda. Sin dal racconto del suo passato, dei suoi giorni trascorsi nella bottega del padre orologiaio, quando il Dr. Manhattan era solo un ragazzo di nome Jon Osterman, il tema dell’orologio, famoso argomento teleologico, appare dominate. Quando poi, a causa di una tragica fatalità durante un esperimento Jon diviene il Dr. Manhattan il riferimento alla dottrina filosofica del determinismo si palesa in modo quasi didascalico. Il rapporto fra il personaggio e la dottrina è talmente esplicito da far quasi coincidere le sue parole con quelle del matematico Pierre-Simon Laplace:

« Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro. Un’intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se fosse abbastanza vasta da sottoporre questi dati ad analisi abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi dell’ universo e quelli dell’atomo più leggero: per essa non ci sarebbe nulla d’incerto, ed il futuro come il passato sarebbe presente ai suoi occhi » (Laplace, Essai philosophique sur les probabilités, 1812)

Secondo questa teoria tutto ciò che esiste o accade, comprese le conoscenze e le azioni umane, è determinato in modo casuale da una catena ininterrotta di eventi avvenuti in precedenza. In sostanza, come ripete spesso il Dr. Manhattan, tutto è già scritto. L’orologio, sia quello colossale costruito su Marte che quelli realizzati con la lente di ingrandimento dal padre, altro non sono che la pedissequa riproposizione dell’analogia teleologica. Questa consiste nel paragonare un qualsiasi fenomeno umano o naturale con il funzionamento di un orologio, sostenendo che così come i complessi meccanismi di un orologio necessitano di un progettista, così i fenomeni necessitano di un disegnatore. Non a caso lo stesso Jon, parlando con Spettro di Seta, ammette la presenza di un disegno intelligente del quale finanche lui, onnisciente, quasi dio, è all’oscuro. Questa visione nichilista del mondo, molto vicina sotto altra angolazione alle teorie dei creazionisti, appare un altro segnale di una visione conservatrice e oscurantista che ammanta di una luce cupa Watchmen e suoi protagonisti.

Ozymandias ovvero della real politik

Questo manto reazionario assume i toni di un puro pragmatismo politico nel racconto di Adrian Veidt, Ozymandias. Il geniale imprenditore, che ha tratto dal disarmo delle squadre di vigilanti mascherati, grazie al sapiente condizionamento dei media, un’immensa fortuna, manifesta in ogni sua azione un’attenzione ai fatti concreti, alla prassi che prescinde da ogni principio morale. Dai piccoli gesti, come interrompere un’importante discussione sul futuro della guarra fredda per firmare documenti sul suo merchandising, al sogno megalomane di ripetere le gesta di Alessandro il Grande o Ramses II, tutto ciò che circonda Ozymandias rimanda ad una visione e una gestione della realtà tipicamente ascrivibile alla realpolitik. In particolare i sogni deliranti di Veidt richiamano una politica dell’equilibrio basata sul perseguimento, il controllo e l’applicazione del potere. Un pragmatismo che prescinde da qualsiasi etica. Avallare oggi, a vent’anni dalla pubblicazione del graphic novel di Moore, queste posizioni appare quasi un tributo alle idee e alle strategie repubblicane statunitensi degli ultimi anni. La politica unilaterale ed aggressiva di Bush Jr., dei suoi falchi Rumsfeld e Cheney, sembra trovare nel racconto messo in scena in questo Watchmen una totale approvazione. Più che una giustificazione quella di Ozimandias, appoggiata dal onnisciente Dr. Manhattan, è una vera e totale condivisione di idee e modus operandi. Il fatto poi che l’azienda causa e motore della catastrofe in Watchmen sia la stessa che si occuperà della ricostruzione aggiunge un ulteriore tocco di amaro pragmatismo al film. Pensare che il bene comune sia deciso, e quindi coincida, con le fortune di lobby e multinazionali è un qualcosa che, pur se realisticamente probabile, non può esser avallato in modo così semplicistico ed incondizionato.

L’accurata campagna promozionale probabilmente trarrà in inganno tutti coloro che non conoscono l’opera di Moore. Presentato come un perfetto mix fra il rude e semplice 300 e i film sui supereroi che hanno affollato le nostre sale Watchmen rivelerà presto il proprio volto. Troppo contorto ed eccessivamente carico il film rischia di assomigliare in modo impressionante al sogno megalomane di Ozimandias. Anche prescindendo, cosa non facile, dai continui richiami ad una cultura reazionaria e conservatrice infatti il tentativo di riprodurre al cinema quella summa di filosofie, dottrine, politiche rappresentata dal graphic novel di Moore appare decisamente fallito. Poco omogeneo, spesso didascalico a causa dei troppi contenuti veicolati, l’opera di Snyder non riesce ad utilizzare gli eroi e il loro universo come metafora di riflessioni profonde, rifuggiandosi spesso in lunghe dissertazioni. La forza e la bellezza di opere così complesse dovrebbe esser invece nella capacità di rivolgersi a pubblici diversi in grado di fruirne in modo differente dell’opera a seconda della chiave di lettura. Quando al contrario, si è costretti a seguire in modo didascalico una lezione filosofia da un dio onnisciente è difficile pensare di uscire dalla sala soddisfatti.



Giampiero Francesca


CAST & CREDITS

(Watchmen); Regia: Zack Snyder; soggetto: Tratto dal graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons; sceneggiatura: David Hayter, Alex Tse; fotografia: Larry Fong; montaggio: William Hoy; musica: Tyler Bates; scenografia: Alex McDowell; costumi: Michael Wilkinson; interpreti: Carla Gugino, Malin Akerman, Billy Crudup, Patrick Wilson, Jeffrey Dean Morgan, Jackie Earle Haley, Matthew Goode, Matt Frewer, Stephen McHattie, Danny Woodburn; produzione:Warner Bros. Pictures, Lawrence Gordon Productions, Gordon Company, DC Comics; distribuzione:Universal Pictures Italia; origine: Canada, Gran Bretagna, USA 2009; durata: 163’


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