Zero Bridge – Venezia 65 – Orizzonti

Un giovane ragazzo (Dilawar) abita con lo zio, il quale lo ha adottato in tenera età dopo la morte dei suoi genitori. La sua vita scorre monotona e noiosa tra le faccende di casa e lo studio della matematica (grande passione e valvola di sfogo). Un giorno, proprio grazie alla sua grande passione, conosce Bani, una ragazza la quale per un periodo della propria esistenza ha vissuto negli USA, dove ha studiato fisica. Il ragazzo, più giovane di lei e molto timido, si innamora immediatamente della donna ma non riesce a confessarglielo dando il via ad un susseguirsi di eventi che porteranno ad un finale inaspettato. La ragazza infatti viene promessa in sposa al cugino della madre, costringendo così il ragazzo a prendere coraggio e a tentare di scappare insieme a lei. L’appuntamento è allo Zero Bridge...
Un film che pur nella sua semplicità (inquadrature quasi sempre fisse, primi e primissimi piani, campi vuoti ecc.) arriva soave all’animo dello spettatore. Ci si perde negli occhi dei due giovani amanti e si spera in un lieto fine rapiti da questa fiaba stile mille e una notte. Uno scorcio su di una regione di cui non si conosce molto e che il regista, con fare documentaristico (accentuato dalle riprese in digitale e dalla fotografia alla dogma, utilizzando praticamente solo luce naturale) ci porta in un mondo che sembra rimasto incastonato in un limbo, dove il tempo non sembra mai passare e dove presente, passato e futuro si fondono in un tutt’uno. Le usanze, la quotidianità della gente sembrano essere lontane anni luce dal nostro universo. I due protagonisti subiscono questa condizione e vorrebbero cambiarla senza sapere come fare. Lo stato di calma piatta generale sembra averli seppelliti e averne soffocato sogni ed ideali. Quando la ragazza parla con nostalgia degli USA (dove afferma di essersi sentita libera per la prima volta) contagiando gli occhi sognanti del giovane ragazzo, sembra consapevole di un destino che non la porterà mai a tornare nel luogo tanto amato. Subisce in maniera silenziosa le idee autoritarie della madre, la quale la reputa anormale, perché, tra le altre cose, appassionata di un gioco “inutile” come gli scacchi e proprio questo sarà uno dei motivi che indurrà la genitrice a donarla in sposa al cugino, sperando di farla “rinsavire”.
In sostanza una fiaba moderna (per certi versi anch piuttosto inquietante) che si odia o si ama. Per entrare affondo nel clima del film bisogna farsi rapire dalle lunghissime, statiche inquadrature e capire che è l’unico modo per stabilire un contatto con la vera natura di quei luoghi e di quella cultura. La calma, la ripetitività, l’angoscia. Sentimenti che la pellicola rende estremamente concreti e che trasforma il tutto una piacevole sorpresa.
(Zero Bridge) Regia, sceneggiatura e fotografia: Tariq Tapa;montaggio: Tariq Tapa, Josee Lajoie;interpreti: Mohamad Imran Tapa (Dilawar), Taniya Khan (Bani); produzione: Joyless Film; origine: India/USA 2008; durata: 96’.
