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2008 Italiano Parte I – Gennaio/Giugno

Pubblicato il 25 dicembre 2008 da Gaetano Maiorino


2008 Italiano Parte I – Gennaio/Giugno

Il bilancio della stagione cinematografica italiana che stiamo per stilare, comincia dagli Stati Uniti. Perché parlare d’America quando si traccia un percorso lungo la produzione italiana dell’anno che volge al termine? Semplicemente perché è da lì che risuona l’ultima notizia che fa gonfiare il petto all’orgoglioso establishment del cinema nostrano, una di quelle notizie che dovrebbero far piacere a tutti, dagli addetti ai lavori all’ultimo degli spettatori, ma che, come accade un po’ a tutte le vicende umane, ha un duplice significato. La buona nuova è che oltreoceano è stato da poco distribuito il film italiano che quest’anno ha fatto parlare maggiormente di sé, dal momento della sua ideazione e produzione, ancor prima della sua uscita nelle sale. È Gomorra, acclamata, celebrata, osannata, opera quarta di Matteo Garrone, messa in scena del romanzo-inchiesta di Roberto Saviano che ha sbattuto sullo schermo storie vere di piccoli uomini, nel girone infernale della periferia casertana. È doveroso iniziare da questo film violento, corrotto, sporco, tanto drammaticamente reale da far vergognare e soffrire, anche perché proprio questa pellicola sarà, con molta probabilità, candidata all’Oscar come miglior film straniero il prossimo febbraio. Nella competizione della Academy spesso si prendono abbagli clamorosi, ma di certo non è il caso di Garrone. È dal Festival di Cannes che infatti si celebra il suo talento e il premio della cinefila Francia, spesso in totale disaccordo con l’industria a stelle e strisce, può solo confermare la qualità di questo film che è così riuscito, da aver messo d’accordo ogni fascia di pubblico.
Dall’America quindi alla kermesse transalpina, che ha visto esplodere definitivamente anche la grande maestria di un altro fiore all’occhiello della settima arte del bel paese, Paolo Sorrentino. Il suo Divo ha confermato le capacità di un regista amabilmente manierista, e per questo agli antipodi di Garrone (per il quale qualcuno, forse esagerando, ha parlato addirittura di ritorno al neorealismo), che inventa inquadrature nuove ogni volta che mette in funzione la macchina da presa. Sorrentino è una ventata di creatività genuina e necessaria, e il suo “finto biopic” su Andreotti un nuovo capolavoro sulla solitudine, tema molto caro all’autore napoletano andando a guardare quanto soli si sentano i protagonisti dei suoi film precedenti.
Una coppia che ha fatto gridare alla rinascita e a una ritrovata qualità del nostro cinema. Un primo semestre di successi internazionali a prima vista, soprattutto un mese di maggio glorioso grazie a questi due capolavori. Bilancio positivo allora? Qual è l’altra faccia della notizia di cui si accennava all’inizio?
Proviamo a tirare una ideale riga su questi due film. Cancelliamoli, facciamo finta che non siano esistiti, che questa primavera non siano mai usciti in sala e guardiamo cosa c’è alle loro spalle. Ci si accorge che il nostro cinema è stato trainato da due lampi di genio, come le squadre mediocri dai tocchi di classe dei loro unici campioni. Ma senza fantasista e goleador, cosa rimane? Da gennaio a giugno si sono alternati alti e bassi di una industria che stenta ancora molto a risalire la china. La crisi di idee rimane, i film di genere non esistono o restano sommersi, qualche raro emergente prova a farsi vedere, ma la distribuzione non è all’altezza e non agevola certamente il compito.
Quello che più fa rabbia è che con gran fatica qualche giovane regista che merita di essere valorizzato c’è, ma non va avanti a causa di un sistema produttivo-distributivo che continua a rivelarsi inadeguato. Il risultato sono le sale piene di Un’estate al mare e Scusa ma ti chiamo amore, i trailer continui del secondo allenatore nel pallone e di un Verdone tanto grande e grosso da essere diventato obeso e invadente.
Intanto fanno a botte Salvatore Mereu e Enrico Pau per avere un po’ di visibilità con due piccoli film tra i più interessanti dell’anno, Sonetàula e Jimmy della Collina, perle rare, racconti umani e disumani uno di realtà arcaiche e drammatiche, l’altro di disagio moderno, testimoni di una terra (la Sardegna) ancora avvinta nei suoi problemi storici.
Solo briciole anche per i documentari impegnati: Parole Sante, Biùtiful Càuntri, Vogliamo anche le rose, ciascuno col proprio linguaggio, ironico, sanguigno, “rivoluzionario”. Che raccontino storie attuali o più indietro nel tempo, sono tre esempi di una tendenza narrativa differente che vuol parlare di realtà, di fatti concreti che cambiano il nostro paese, e inoltre sono laboratorio anche tecnico per i nuovi mezzi di ripresa digitali. Usciti dai circuiti festivalieri, anch’essi sono stati relegati in poche sale a favore dei troppo osannati Molaioli e Virzì autori di due film che hanno fatto incetta di premi (il primo ai David di Donatello) e di pubblico (il secondo è stato uno dei migliori incassi dell’anno), ma che saranno dimenticati presto. Tra i telefonini bianchi che squillano di continuo, si è ritagliato un piccolo spazio la divertente commedia di Gianni Zanasi, Non Pensarci, almeno il suo Mastandrea non è un trentenne in crisi che alla fine trova una soluzione per tutto ma preferisce restare irresponsabile e ragazzino, mentre l’ultima generazione portata sullo schermo con successo è quella delle vecchie signore di Trastevere dirette da Gianni de Gregorio nel Pranzo di Ferragosto, premio per la miglior opera prima pienamente meritato a Venezia.
Non convincono fino in fondo Montaldo e Giordana. Il tormento dell’artista Dostojevsky e il melò d’epoca fascista affidato alla coppia Zingaretti/Bellucci, sanno tanto, forse troppo, di televisione anche se proprio la tv potrebbe dare nuova linfa ai due film risultando il loro contenitore ideale.
Di Rubini e Patierno aspettiamo la prossima fatica, cercando di considerare Colpo d’occhio e Il mattino ha l’oro in bocca delle parentesi chiuse in fretta da due registi che molto abbiamo apprezzato in passato.
Piacevolmente sorpresi dall’ultimo film di Grimaldi, restiamo infine seduti accanto a Nanni Moretti guardando il Caos(poco)Calmo del nostro cinema, il cui problema strutturale si protrae ormai da anni. La formazione e l’esplosione di nuovi talenti sembra affidata al caso e con le coincidenze fortunate non va avanti un’industria competitiva. Garrone, Sorrentino, con l’importantissimo supporto di Toni Servillo. Non ci si può adagiare sui loro indiscussi successi e dichiarare fuori pericolo il nostro malato, sebbene grazie a loro, un po’ di ottimismo in più è lecito averlo.


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