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Addii - Janet Leigh

Pubblicato il 17 ottobre 2004 da Alessandro Izzi


Addii - Janet Leigh

Hitchcock le ha regalato, in Psycho, quella che, forse, è la scena di morte più bella della storia del cinema. E non ci riferiamo alle settanta inquadrature diverse che sottolineano le gesta efferate del serial killer Norman Bates. Non parliamo del momento espressionistico dell’uccisione, ma di quello successivo all’uscita dell’omicida dal bagno, dopo che la mano della donna/attrice ha stretto in un ultimo singulto la tendina della doccia trascinata in una rovinosa caduta. Non il delitto, ma il trapasso, il passaggio dalla vita alla morte è quello che resta veramente impresso nella memoria in una scena destinata al mito. Il mago del brivido ha avuto bisogno del volto dell’attrice, del suo occhio spalancato per rendere palese il senso di smarrimento che può provare uno spettatore nel vedere una donna trasformata in un cadavere quando anche quell’ultimo barlume di intelligenza scivola inesorabilmente nel buio dell’incoscienza riducendo una persona in una cosa, avverando una metamorfosi orribile che fa degli occhi non più lo specchio di un’anima, ma lo specchio inerte delle persone che vi si riflettono. Che sia opera di Hitchcock o di Saul Bass (l’autore, pare, dello storyboard della scena) ha poca importanza perché il movimento sinuoso della macchina da presa che, carrellando all’indietro dall’occhio di Janet Leigh e ruotando su se stessa come a riprodurre il “sentimento” dell’anima che abbandona il suo corpo, resta per sempre scolpito nel cuore di noi tutti come la precedente inquadratura dello scolo della doccia con l’acqua che gorgoglia indifferente nel vuoto buoi della morte. Un’immagine quest’ultima dotata della stessa potenza di un monumento funebre di Canova. Sembra strano, ora, parlare della morte di Janet Leigh. Perché è quantomeno bizzarro riuscire ad accettare con la mente che sia morta davvero quella donna che prestò il suo corpo ad una così alta rappresentazione della Morte e che l’attrice abbia avuto la possibilità di sopravvivere così tanto al suo personaggio, che sia riuscita a non morire davvero con la sua Marion in una doccia, in un motel per mano di un folle impagliatore di uccelli. Ma, forse, in un certo senso, Janet Leigh non è mai davvero sopravvissuta al mito entro la quale ha voluto imprigionarla Hitchcock per sempre. Forse il grande regista inglese è stato davvero una sorta di Norman Bates della celluloide capace di immolare l’immagine della diva trasformandola in un ennesimo bellissimo trofeo impagliato in una sala di splendidi orrori. Prima di Psycho Janet Leigh era stata una grande attrice, aveva lavorato con Anthony Mann e Fred Zinnemann, aveva mietuto riconoscimenti prestigiosi ed era considerata una star. Dopo il film Janet Leigh è rimasta una grande attrice, ha lavorato ancora in film importanti (un titolo tra tutti The manchurian candidate di Frankenheimer), ma il ricordo della scena della doccia è rimasto sul suo volto come l’ombra di Nosferatu. Non è un caso che John Carpenter abbia scelto sua figlia (Jamie Lee Curtis) per interpretare quel remake nascosto di Psycho che è Halloween in un omaggio che diverrà ancor più palese nel discreto H20 dove la Leigh ebbe un breve adorante cameo. Come non è un caso che sempre Carpenter abbia chiamato proprio lei a interpretare un ruolo nel bellissimo The fog: un film di fantasmi che tornano in vita, di ombre che si muovono nella nebbia e nella notte. E che vanno via, in un sospiro, come l’acqua di una doccia che inesorabilmente scorre disegnando un gorgo nel buio di uno scolo.

[ottobre 2004]


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