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Addii - Roy Scheider: volto discreto della New Hollywood

Pubblicato il 11 febbraio 2008 da Fabiana Proietti


Addii - Roy Scheider: volto discreto della New Hollywood

Ai più rimarrà impresso per il suo volto sconvolto, esaltato dall’effetto vertigo, che lasciava intuire irrimediabilmente al pubblico l’imminente assalto del grosso e letale squalo bianco in quel meraviglioso apologo sulla sfida tra l’uomo e l’animale, tra cultura e natura, che è Lo squalo di Steven Spielberg.
Ma Roy Scheider – che stamattina si è spento all’età di settantacinque anni per una grave forma di cancro del sangue – non è stato soltanto il temerario sceriffo di Amity, pronto a ingaggiare una spietata guerra con l’animale, come un moderno Capitano Akab, benché, dato il ruolo cruciale della pellicola spielberghiana nel panorama americano degli anni 70 e la sua eco sul cinema orrorifico e d’avventura dei decenni successivi, anche questa unica interpretazione basterebbe a consacrare l’attore tra i più importanti della sua generazione.

Eppure, dicevamo, non c’è solo lo sceriffo Brody nella memorabile galleria dei personaggi di Roy Scheider: basta scorrere la sua filmografia per trovarvi titoli fondamentali e autori imprescindibili come Alan J. Pakula, che lo dirige in Klute, bellissimo thriller esistenzialista dove Scheider, al suo primo ruolo importante, dopo tanta gavetta televisiva e cinematografica, veste i panni moralmente e sessualmente ambigui di Frank Ligourin, amante e sfruttatore della squillo Jane Fonda in una New York mai tanto malata e vittima dei sensi.
E appena un anno dopo eccolo tornare di nuovo tra le strade della Grande Mela, questa volta sui freddi e sporchi marciapiedi di Brooklyn per uno dei migliori polizieschi della storia: Il braccio violento della legge, firmato da William Friedkin, dove Scheider è l’agente Buddy Russo, spalla del parossistico ‘Popeye’ Doyle, interpretato da un Gene Hackman in stato di grazia.
Il buono e il cattivo, il riflessivo e il passionale: i due attori conferiscono ai loro personaggi caratteri complementari sfruttando ai massimi livelli la propria fisicità, e laddove Hackman mostra istintivamente una certa dose di sana brutalità, Scheider appare più fragile, dimesso e rassegnato di fronte agli exploit dell’amico e collega.
Ed è proprio questo suo aspetto nervoso e scarno a imporlo agli occhi dei registi e del pubblico come un outsider, un improbabile eroe senza macchia – a conti fatti solo in Jaws è un protagonista privo di ombre – e al contrario un efficace villain o personaggio comunque controverso, sfuggente, così come ne Il maratoneta di John Schlesinger, dove interpreta il misterioso fratello di Dustin Hoffman, particolarmente adatto a materializzare gli antieroi di quel cinema e gli incubi di quella società.
L’addio alla grande stagione della New Hollywood Scheider lo dà recitando in due pellicole importanti: nel primo grande successo di Jonathan Demme, il thriller Il segno degli Hannan e con il ruolo del problematico coreografo di All that jazz, il musical drammatico di Bob Fosse, mentre gli anni ‘80 sono inaugurati dal Tuono Blu di John – Saturday Night’s Fever – Badham che già lascia intuire l’ossessione del nuovo decennio per l’action movie e la fantapolitica.

Meno à la page dei grandi mostri sacri della New Hollywood suoi coetanei o appena più giovani, Roy Scheider è un altro pezzo di grande cinema americano che se ne va e in questi giorni di lutto per cinefili e ammiratori che vedono scomparire giovani promesse nel fiore degli anni e della loro carriera, l’unica consolazione sta proprio nel correre indietro con la memoria ai tanti film, alle tante memorabili interpretazioni regalateci e poter ammirare senza rimpianti la vita di un grande artista.


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