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Al via il tour degli Spyro Gyra tra devastanti ritmiche e pregiate sospensioni smooth

Pubblicato il 18 settembre 2010 da Emiliano Paladini


Al via il tour degli Spyro Gyra tra devastanti ritmiche e pregiate sospensioni smooth

Si è aperto a Milano, con quattro date al Blue Note (15-18 settembre 2010) il tour degli Spyro Gyra la cui attuale formazione prevede: Jay Beckenstein (sax) Julio Fernandez (chitarra/voce), Tom Shuman (tastiere), Scott Ambush al basso e Bonny Bonaparte alla batteria, i due formando assieme una delle più potenti sessioni ritmiche dell’ambiente jazz/rock tanto che Bonny B è di fatto uno dei batteristi più affermati della nuova scena della black music, successiva a Bob Marley e a Michael Jackson, soprattutto attenendoci ai suoni centro e nord americani, e Scott Ambush, di impostazione tipicamente statunitense (si è formato a Washington DC), negli Spyro Gyra dal 1992, è uno giovani surfisti più audaci col basso elettrico a cinque corde e proprio con Bonny B è stato il perno attorno al quale il gruppo fondato da Beckenstein e Shuman, che registrano assieme dal 1978, anno di uscita del primo disco degli Spyro Gyra, hanno ricostruito in chiave contemporanea le vicende musicali che portano avanti dall’uscita di Spyro Gyra, appunto. E da quel primo disco hanno poi dimostrato come un solo giro di tecnologia, ben distribuita tra i componenti del gruppo, e sapientemente dosata da ciascuno di loro alle proprie parti musicali, sia in grado di non solo non far sentire il peso degli anni che passano sulle proprie note nusicali, ma di riuscire a tradurre quelle stesse note musicali oramai datate, all’interno di un contesto musicale contemporaneo senza snaturare il livello creativo originario.
Di fatto, il concerto ha coperto anche le fasi di una recentissima composizione: A quote from Mr. Z, prima traccia del quarto album solista di Tom Shuman, evidentemente dedicata a Joe Zawinul, fondatore, leader, anima e tastierista dei Weather Report, di cui proprio in questi giorni sono ricorsi i tre anni dalla scomparsa avvenuta l’11 settembre 2007, e di cui a detta di molti lo stesso Shuman è oramai pronto ad accogliere l’eredità artistica anche con questa sua serie di produzioni soliste che portano lo smooth jazz da quale era partito in un cuscino di atmosfere in cui si perde a vista d’occhio la dimensione di un reale confine tra presente e passato.
Il gruppo di Buffalo ha dato il meglio di sè nelle parti in cui riuscivano a esprimersi al meglio i due in coppia alla ritmica, nei momenti in cui uscivano cioè le parti più fresche del combo americano, e quindi nei fraseggi a botta e risposta tra strumento e strumento, che in una parola si riassumono nei momenti in cui Beckenstein molla a briglie sciolte il gruppo facendolo volare sulle ali dell’improvvisazione; e in questa fase a improvvisazione Ambush sembrava quasi utilizzare una tecnica flamenco applicata senza plettro alle cinque corde del basso elettrico, e Bonny B ha messo in evidenza, chiramente la tecnica e la potenza di un soave drumming, ma soprattutto la facilità, la scioltezza e la disinvoltura dell’applicazione tecnica di quel retaggio culturale che porta i musicisti a esibire strepitose applicazioni unite a schizzi di puro divertimento, cabaret, di quello che a noi sembra cabaret ma che in realtà è la versione comica del beatboxing di Doug E. Fresh, Razhel, Bobby McFerrin e di cui lo stesso Michael Jackson era un ottimo esecutore.


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