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Alpis

Pubblicato il 4 settembre 2011 da Annalaura Imperiali


Alpis

Difficile parlare di un film così. Perché è sempre difficile e rischioso esprimere pareri netti che non lasciano spazio ad altre interpretazioni. L’ultima opera di Yorgos Lanthimos vede in se stessa l’enigmatica duplicità del vuoto quotidiano da una parte e dall’altra del non-sense che questo vuoto provoca, nel momento in cui si tenta di riempirlo senza un vero contenuto. Alpis narra i curiosi intrecci di quattro personaggi fondamentali - un Paramedico (Aris Servetalis), un Coach (Johnny Vekris), una Ginnasta (Ariane Labed) e un’infermiera (Aggeliki Papoulia) – che si riuniscono sotto questo nome in una compagnia teatrale improvvisata che incarna l’assurdo e decide di predere il posto di persone scomparse per alleviare il dolore delle famiglie.

Il principale elemento che caratterizza questi protagonisti è la voluta e totale incompatibilità tra parole e sguardi, tra pensiero e azioni, tra tempi razionalmente e semplicisticamente calcolati ed espressioni che non si avvicinano nemmeno lontanamente alla vera spontaneità degli occhi e del cuore. Tutto si imposta su un interessante gomitolo di gag, di giochi tra l’inquietante e il paradossale nei quali alcune frasi si ripetono spasmodicamente fino allo sfinimento e all’esasperazione. L’atmosfera che vede l’ininterrotto susseguirsi di tante inquadrature differenti, governate da poche battute, provoca un palese effetto ansiogeno dovuto alla morbosità degli atteggiamenti – il mordersi le unghie, proprio della ginnasta, il farsi mettere il collirio negli occhi ogni giorno alla stessa ora, proprio del padre dell’infermiera – e allo stimolo alla ricerca di un senso psicanalitico per tutto ciò che viene detto o fatto.

Alpis costringe lo spettatore a smarrirsi in labirinti e contorsioni mentali dal sapore e dalle atmosefere vagamente Lynchiane. Nessuna enfasi, nessun desiderio che non sia preoccupante e cieca bramosia, nessuna passione nel sesso che viene proposto in più di una scena con straniata noncuranza.

Una denuncia dell’attualità priva di stimoli e di vulcaniche energie interiori; una condanna del “troppo che stroppia” specialmente nei rapporti umani in cui solo il giusto equilibrio permette la stabilità e la bellezza del sereno quieto vivere. Yorgos Lanthimos ha diretto una vera e propria tragedia greca in chiave moderna, costruendo una Skenè di attori brillanti che coprono, a dispetto della loro indubbia capacità di immedesimazione critica, ruoli terribilmente statici, soporiferi, nevrastenici e difficilmente decodificabili grazie ad una recitazione straniata e quasi monotono.

Alpis è una sfida cervellotica dalla stancante esplicazione logico-visiva.


CAST & CREDITS

(Alpis) Regia: Yorgos Lanthimos; soggetto e sceneggiatura: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou; fotografia: Christos Voudouris; montaggio: Yorgos Mavropsaridis; scenografia: Anna Georgiadou; interpreti: Aggeliki Papoulia, Aris Servetalis, Ariane Labed, Johnny Vekris; produzione: Maria Hatzakou, Athina Rachel Tsangari, Greek company Haos Film; origine: Grecia, 2011; durata: 93’.


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