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Approfondimenti - James Newton Howard e M. Night Shyamalan

Pubblicato il 27 settembre 2006 da Daniele Coluccini


Approfondimenti - James Newton Howard e M. Night Shyamalan

Con più di cento colonne sonore alle spalle, James Newton Howard si conferma uno dei compositori più versatili e richiesti di Hollywood. Talento precoce, si avvicina alla musica grazie alla nonna violinista che lo instrada verso lo studio del pianoforte, strumento che lo conduce al successo. Elton John è il primo ad intuire il talento del giovane Howard alle tastiere, facendolo diventare uno dei suoi stretti collaboratori e persino sostituto in numerose parti solistiche.
Howard si impone nel panorama musicale mondiale diventando arrangiatore, pianista, compositore e produttore di molti fra gli artisti e le band di maggiore successo (ne citiamo solo alcuni: Diana Ross, Barbra Streisand, Cher, Eric Clapton, Rod Stewart). Il passaggio dalla musica leggera alla composizione per il cinema avviene nel 1985, anno in cui gli viene offerto di collaborare alla stesura delle musiche per Head Office, una piccola commedia con Danny De Vito. La grande occasione si presenta però qualche anno più tardi, quando Garry Marshall gli propone di scrivere la colonna sonora per Pretty Woman. Da questo momento in poi ha inizio l’ascesa al successo di James Newton Howard che collabora, dirige e compone le musiche per decine di film di enorme successo come Il Fuggitivo, Waterworld, L’Avvocato Del Diavolo, Il Matrimonio Del Mio Migliore Amico e non ultimo King Kong di Peter Jackson.
Fin da Il Sesto Senso, collabora costantemente con Manoj Night Shyamalan, con il quale instaura un rapporto di grande e reciproca fiducia. Il binomio Howard/Shyamalan, pare ormai destinato a diventare sempre più saldo. Una sorta di cieca “fede” è insita nella natura della cooperazione fra compositore e regista e sembra proprio che questo legame si sia instaurato tra i due artisti. La capacità di Howard nel ricreare e nel sottolineare le sensazioni delle pellicole di M. Night Shyamalan è straordinaria. Grande conoscitore delle capacità timbriche degli strumenti è capace di cogliere, mediante un’attenta ed intelligente orchestrazione, l’emotività dello spettatore conducendolo tra i più disparati stati d’animo.
Si nota immediatamente il grande amore che egli ripone per il suo strumento, il pianoforte, al quale affida molte fra le frasi musicali predominanti. Il suo stile tende ad essere concertato nelle sequenze di transizione, mentre in quelle principali si avverte, costante, la presenza di un sinfonismo novecentesco. Aiutato dalle moderne tecniche di registrazione, tende ad esasperare le frequenze esterne, caricando il registro grave e quello acuto di una prorompente forza dinamica. Al limite tra infrasuoni ed ultrasuoni, si serve di bordoni dei contrabbassi per creare profondi e tumultuosi rombi e degli armonici dei violini per realizzare stridenti a assordanti urti di semitono. Il tutto, pur non risultando estremamente originale, riesce, nelle mani di Howard, a diventare estremamente evocativo. Conoscitore attento del gusto e della sensibilità dello spettatore, attinge dalla tradizione musicale-cinematografica per richiamare alla memoria quelli che sono gli stereotipi ormai sedimentati della composizione per il grande schermo. Le musiche di Signs, costruite quasi interamente su accordi di quinta aumentata, introducono immediatamente l’ascoltatore in una sorta di “sospensione” spazio-temporale che preannuncia l’incessante clima di attesa al quale Shyamalan aspira. La predilezione per gli accordi dissonanti che non risolvono, come appunto quelli di quinta aumentata (tanto cari ai russi e in particolare a Rachmaninov) e quelli formati sul secondo grado minore, sembrano essere una costante nelle musiche che Howard compone per Shyamalan. La ragione è da ricercare nelle atmosfere che il regista crea nei suoi film. Vi è infatti un costante senso di instabilità, di precarietà; si avverte persistente la sensazione del “non detto”, puntualmente accentuato dal compositore con l’uso delle dissonanze. La gran cassa e i piatti, preceduti da lunghi crescendo di cluster degli archi, vengono utilizzati per far sobbalzare lo spettatore con un improvviso frastuono, molto spesso legato all’apparizione di una figura spettrale.
Il registro medio viene utilizzato per dare vita a semplici melodie affidate alle sezioni dei violini o delle viole, che avanzano quasi sempre di grado e raramente superano una quinta di estensione. Con grande furbizia Howard alterna momenti di forte tensione armonica a temi cantabili, senza mai cadere in scontate romanze o melodie accattivanti. Egli fa tesoro della migliore tradizione sinfonica di ispirazione brahmsiana che sapientemente unisce alle sonorità proprie delle avanguardie musicali novecentesche, servendosi di soluzioni armoniche e melodiche che spesso richiamano alla mente Stravinsky o Henze.
Le grandi e durature collaborazioni fra registi e compositori hanno sempre condotto a lavori unitari e di grande interesse (basti pensare agli inscindibili Spielberg-Williams, Kieslowski-Preisner, Greenaway-Nyman). Ci auguriamo che anche la cooperazione fra James Newton Howard e Manoj Night Shyamalan duri nel tempo e conduca ad ulteriori, interessanti risultati.


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