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Augustus

Pubblicato il 28 dicembre 2003 da Alessandro Izzi


Augustus

Roger Young ritorna dietro la macchina da presa per un’altra epopea televisiva ambientata ai tempi dell’Antico Impero Romano. Dopo le disavventure di San Paolo e la storia della sua conversione sulle vie di Damasco, il regista riconferma in Augustus (il titolo latineggiante non inganni: di attendibile e seria ricostruzione storica ce n’è davvero ben poca) la sua voglia di perdersi immaginificamente nei meandri di un passato mitico, già sulla carta ricco di un suo abbondante apparato iconografico. Forte dell’impiego massiccio delle possibilità offerte dalle tecnologie digitali, Young compone un affresco tanto magnificente quanto al fondo vuoto; un gioco gratuito di luci e di colori che rivelano una vocazione ad una narrazione sostanzialmente scenografica cui sono assenti sia elementi di reale approfondimento psicologico (i personaggi contano più per come vestono che per quello che fanno) sia elementi di valida riflessione storiografica (i personaggi contano più per il loro nome che per la loro reale funzione storica). In questo senso Augustus ha tutti i classici difetti del biopic-kolossal di hollywoodiana ascendenza: sovraffollamento di situazioni a scapito di una reale continuità narrativa, costruzione del racconto per piccoli blocchi isolati cui solo una voce over quanto mai abusata può sperare di dare un qualche senso di continuità, visione di fondo ampiamente esemplificativa e discorsiva. Si ha spesso l’impressione che i personaggi vengano messi in scena più per il loro nome (Marco Antonio, Cleopatra, Cicerone, Cesare, Bruto, ecc.) che per una reale esigenza drammaturgica e che le situazioni narrate seguano troppo il modello di una narrazione di peplumiana memoria che non un più serio, asciutto e didattico schema rosselliniano. Per rendere le tappe salienti della vita di Augusto, gli sceneggiatori (che pare abbiano lavorato per due anni sul progetto, ma, visti i risultati, non si sarebbe mai detto) hanno scelto di fare ricorso ad un abusato meccanismo di narrazione per flash-back. Se il presente narrativo è rappresentato dall’ultimo periodo di vita dell’Imperatore (con tutti i problemi della delega del suo diretto discendente e tutti gli intrighi di corte che ne derivano come naturale conseguenza) i vari flash-back fanno tutti riferimento a quel periodo della vita di Augusto (dai 19 ai 31 anni) che vide sorgere il suo ideale politico (strettamente imparentato a quello del suo predecessore: Cesare) e che lo vide impegnato in una irresistibile ascesa verso le più alte vette del potere. Debole sul versante narrativo della pura ricostruzione storica (tutto appare decisamente troppo in posa per essere anche solo per un attimo scambiato per vero), inefficace nel versante sentimentale (posticcio il primo amore di Augusto, meglio costruito il rapporto tra Livia, figlia di Augusto condannata ad un futuro di nozze politiche, e il giovane Iullo Antonio, figlio di Marco Aurelio ed acerrimo nemico dello stesso imperatore), il film si rivela presto carente anche sul versante del puro e semplice casting, con cadute di gusto oltre misura. Tutti paiono troppo spiccatamente americani (anche per quegli attori che americani non sono) per risultare credibilmente latini e lo stesso Peter O’Toole sembra essere spesso troppo fuori parte. Certo nessuna delle comparse sembra aver avuto il cattivo gusto di indossare un orologio da polso, ma si sente lontano un miglio che quei calzari che indossano (tutti nuovi di zecca per calpestare strade non meno nuove e pulite) non hanno mai avuto il tempo di adattarsi agli stessi piedi che devono ricoprire. Fare un film storico (l’aveva detto Fellini) è un po’ come girare un film di fantascienza (e sarà per questo che la miglior pellicola di questo genere prodotta recentemente porti la firma di Ridley Scott), ma qui si ha, piuttosto, l’impressione che il modello di tutta l’operazione sia il fotoromanzo e le ambizioni che lo hanno mosso non vadano più in là del bignami (noioso) di Storia antica.

(Augustus); regia: Roger Young; sceneggiatura: Eric Lerner; fotografia: Giovanni Galasso; montaggio: Alessandro Lucidi; musica: Pino Donaggio; interpreti: Peter O’Toole, Charlotte Rampling, Vittoria Belvedere, Benjamin Sadler, Ken Duken, Russel Barr, Juan Diego Botto, Martina Stella; produzione: Luca Bernabei

messa in onda: domenica 30 novembre e lunedì 1 dicembre 2003; rete: RAI 1; orario: 20:55

[dicembre 2003]


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