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Babycall - Conferenza Stampa

Pubblicato il 6 novembre 2011 da Annalaura Imperiali


Babycall - Conferenza Stampa

Noomi Rapace, ormai superstar del cinema internazionale e soprattutto svedese, è associata al concetto di maternità nel suo ultimo film da interprete, Babycall. A questo lecito collegamento lei risponde che ogni volta che si immedesima in un nuovo personaggio deve imparare ad entrarci dentro, senza forzature. “Bisogna sapere, ogni qual volta si entra nei panni di qualcuno che non si è, che non valgono presunzioni né in senso negativo né positivo: si è altro, e ricordarselo è fondamentale”. Come si prepara per i propri ruoli e per quello svolto in Babycall in particolare? Attraverso, prima di tutto, un grande sforzo di comprensione che deve essere in principio indirizzato sul personaggio e in secondo luogo sui piani del regista e sui movimenti del resto del cast. Un film, d’altronde, è prodotto da tante mani che cooperano per un progetto comune: tutti devono intersecarsi vicendevolmente al fine di giungere alla meta prestabilita. A proposito del proprio metodo di lavoro la Rapace aggiunge anche: “devo sempre conoscere come stanno veramente le cose. Il realismo e la verità innanzitutto, altrimenti non riesco a lavorare”.
A proposito del genere del film, definito horror d’autore e condiviso nella classificazione dal regista Pål Sletaune, è interessante capire come mai in questa pellicola, come in molte altre appartenenti allo stesso genere, vi sia la presenza del bambino. Si tratta, secondo Sletaune e la Rapace, di un elemento vivo che è più vicino di qualsiasi altro al paradiso e all’inferno, al bene e al male; il bambino reso in forma diabolica spaventa di più di un adulto che svolge lo stesso ruolo. Il bambino stravolge la vita di due persone che si amano, cominciando ad incarnare le paure inconsce e recondite dei suoi genitori amorevoli. Esso rappresenta un pericolo maggiore, data la sua spontanea vicinanza all’innocenza, se accostato al lato oscuro del mondo e dell’umana conoscenza.
Noomi Rapace, ancora, vista quasi sempre in ruoli drammatici, potenti e impegnativi, stavolta si muove nella fragilità di una madre che soffre doppiamente, per sé e per il proprio figlio. Un’attrice così talentuosa in ruoli, per l’appunto, drammatici, vorrebbe cimentarsi anche in ruoli comici? “A me piace pormi domande difficili, cercare di comprendere la realtà” - dice Noomi – “sicuramente ho svolto anche ruoli più leggeri, come nel caso di Sherlock Holmes, e probabilmente ricoprirò ancora ruoli così; ma comunque il ruolo drammatico mi si addice di più: credo che non sarò mai la protagonista di un melodramma d’amore”. Il compositore musicale racconta che La colonna sonora ha il compito di potenziare l’efficacia di un film, e un film come Babycall offre ampiamente questa possibilità. Per i due produttori presenti in sala, la grande sfida da affrontare nel momento in cui si sceglie di finanziare una pellicola come questa è puntare su un progetto che fonde al suo interno diverse dimensioni e che pertanto può non essere sempre apprezzato dal grande pubblico. Eppure la commistione di ottimi script e di ottimi talenti l’ha reso vicino all’audience, emozionante al punto giusto, capace di attaccare le viscere del pubblico con vibrazioni e impulsi degni di una firma di qualità.


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