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Le diable dans la peau

Pubblicato il 9 novembre 2011 da Alessandro Izzi

VOTO:

Le diable dans la peau

Xavier e Jacques sono due fratellini cresciuti all’ombra di un padre difficile e di una nonna che sembra scolpita nel dolore delle favole più crude.
La loro infanzia l’hanno modellata sull’assenza della madre, morta da tempo, chissà perché, e l’hanno forgiata con le scaglie dure degli sguardi diffidenti, di chi non si aspetta troppo da un mondo che gli ha già tolto così tanto.
Vivono del loro legame, fermo, che aspira all’immutabilità del mito, alla fermezza degli alberi che si alzano verso il cielo, alla solidità della roccia. E insieme affrontano il mondo, nella speranza che quel bastarsi l’un l’altro non venga sbriciolato dagli adulti.
Jacques, il più piccolino, sette anni appena ed un rifugio sotto un albero secolare in cui poter star solo col ricordo della mamma, è un bimbo apparentemente più difficile. Immerso nella natura fino al collo, d’ogni uccello sa riconoscere la specie e gioca coi lepidotteri e gli insetti come fossero piccoli amici cui dare un nome ed uno spazio nel mondo. Intelligente, certo, ma difficile da collocare nelle scuole di provincia dove al massimo i bambini guardano, la sera, le partite di calcio in TV. Lui un piccolo cambiamento nella sua vita sarebbe anche disposto ad accettarlo. Non gli dispiacerebbe andare altrove, in scuole speciali, con altri bambini più simili a lui.
Xavier, dal canto suo, ha la violenza rappresa sulle mani in un perenne gesto di sfida. Non sopporta di vedere il padre ciondolare in giro per casa col ricordo, negli occhi, delle guerre che ha combattuto in Iraq e in Afganistan. Non sopporta che gli amici gli chiedano di una madre che non gli compare neanche in sogno. E soprattutto non gli va giù l’idea che gli portino via il fratellino destinato ad altra scuola, per lasciarlo solo con coetanei che non capisce e che non lo capiscono.
Così, novelli Hansel e Gretel i due piccoli scappano di casa senza neanche l’ingombro delle bricioline di pane per segnare la strada e si vivono qualche giorno della loro ultima estate insieme vagando randagi, pescando pesci nel fiume, salendo sui treni senza biglietto e senza meta.
Gilles Martinerie, regista di questo Le diable dans le peau, sceglie per la sua opera la strada di un dramma prosciugato che non cerca mai, neanche per un momento, la facile empatia del racconto per ragazzi. Il racconto, semmai, avanza per quadri di invidiabile bellezza fotografica, mentre un quartetto per archi, che ha dimenticato per strada Debussy e pensa semmai per dissonanze, commenta dall’alto questa fiaba triste predestinata alla tragedia.
Il cinema francese conferma anche in questo film la sua dolce propensione alla visione del mondo infantile. Se La nouvelle guerre des boutons, presentato Fuori Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, ci racconta però, il lato più solare di un’infanzia che sa essere raggio di sole anche nei momenti più neri, Le diable dans le peau è, invece, il canto dell’altra faccia della luna, del tormento e dell’angoscia dell’essere bambini in un mondo sordo e cieco.
Il regista si rivela fin da subito un superbo direttore di attori, coi bambini perfetti ad ogni inquadratura. Ma è soprattutto un cantore a tratti rabbioso di favole in cui le fate sono solo comparse lontane.


CAST & CREDITS

(Le diable dans la peau); Regia: Gilles Martinerie; sceneggiatura: Gilles Martinerie, Nicolas Peufaillit; fotografia: Martin de Chabaneix; montaggio: Julie Duclaux; interpreti: Quentin Grosset Paul Francois Augustin Quer Orfeo Campanella Francis Renaud Joséphine Derennes Alexandre Le Provost; produzione: Noodles Production (France); origine: Francia, 2011; durata: 82’


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