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Bernardo Bertolucci. Cinema la prima volta

Pubblicato il 6 giugno 2017 da Antonio Napolitano


Bernardo Bertolucci. Cinema la prima volta

"Mi piace l’ombra con il suo passo lieve,
mi segue sempre, è sempre al mio fianco.
E’ nera, nera anche se c’è la neve
che copre i campi col suo manto bianco.
E sembra che s’arrabbi se io manco!
Essa mi mostra come sono fatto:
Cammino bene? Son curvo? Allungo i piedi o scatto?
Mi piace l’ombra, ma la sua finezza
che mi rende superbo ed altero,
in fondo, in fondo tocca la tristezza.
Ma io lo so che lei lavora molto!
Corre nei prati, nelle montagne, e a volte anche in un bosco folto.
Mi piace l’ombra con il suo passo lieve,
è nera, nera anche se c’è la neve".

(Bernardo Bertolucci)

Inizia così L’ombra, una poesia scritta dall’allora undicenne Bernardo Bertolucci, e inizia così anche Cinema la prima volta. Conversazioni sull’arte e sulla vita, una raccolta di interviste al regista emiliano organizzate in ordine cronologico dall’infanzia ad oggi, selezionate, curate e tradotte da Tiziana Lo Porto, scrittrice e giornalista de La Repubblica.

E se istintivamente un libro di interviste potrebbe sembrare un facile esercizio da copia e incolla, Cinema la prima volta smentisce sin da subito tale banale assunto, grazie ad una selezione ponderata e ragionata in cui emerge tutta la poetica e la Weltanschauung di un autore che ha indissolubilmente guadato e segnato (facendosi a sua volta guadare e segnare) il Novecento. Ciò emerge spontaneamente leggendo le interviste scelte, interviste che attraversano oltre sessant’anni di Storia, ma che contemporaneamente percorrono anche tutte le fasi della vita di un uomo e artista che ha individuato nella Storia stessa il centro della sua opera.

Fasi che partono dall’elegia lirica dell’infanzia contenuta nella prima quasi “recensione” che il piccolo Bernardo ottiene ad undici anni sul Giornale dell’Emilia dal titolo Fiori all’ombra de La capanna indiana, dove La capanna indiana è il titolo della raccolta di poesie del padre Attilio e invece dietro l’ombra si nasconde il doppio senso con il confronto genetico e la poesia d’apertura sopra citata. Dalla poesia si passa ben presto all’uccisione paterna, Bertolucci imbraccia la macchina da presa per metterla al centro della realtà come il suo primo maestro Pier Paolo Pasolini, di cui era stato assistente in Accattone, gli aveva insegnato (“Se metti la macchina da presa davanti a qualcosa, quel qualcosa appartiene alla realtà. Non puoi mentire alla macchina da presa: lei ti fa vedere le cose ed è imbarazzante”). Nascono così i film più metalinguistici (e per certi versi anche anti-linguistici) quali Prima della rivoluzione, Partner, esperienze che rispecchiano in pieno l’epoca degli anni Sessanta e l’eco godardiana di cui Bertolucci sarà mentore. Epoca che lascia però soprattutto un forte iato nell’illusione sessantottina del regista parmense, che continua ad affrontare temi politici universali rifugiandosi però nella placenta contadina della sua infanzia (Strategia del ragno, Novecento) o attraverso lo sguardo più esistenzialista de Il conformista o di Ultimo tango a Parigi. Tutte fasi che emergono dalle interviste che con il passare del tempo riflettono il pensiero di un uomo ma riflettono anche e soprattutto il cambiamento della Storia, di un mondo occidentale illusorio ed inafferrabile, da cui Bertolucci, dopo l’elegia malinconica de La luna e La tragedia di un uomo ridicolo, si distacca completamente nel pieno degli anni Ottanta. Nasce così la trilogia orientale con L’ultimo Imperatore, Il tè nel deserto, Il Piccolo Buddha, film che lo reimpongono sulla scena internazionale facendogli conquistare ben nove Premi Oscar ma indici anche di un non celato malcontento del sentiero teleologico della modernità. Bertolucci affronta così gli anni a venire attraverso un profondo intimismo delineato dagli spazi sempre più chiusi e delimitati (Io ballo da sola, L’assedio), fino a diventare addirittura claustrofobici con gli ultimi film (The Dreamers e Io e te).

Cinema la prima volta non è un semplice libro di interviste, ma è quasi una vera e propria autobiografia estorta, ad alta voce, un insieme di pensieri, di argomentazioni di un autore i cui cambiamenti nel corso degli anni ne hanno raffigurato appieno la costanza e la coerenza ideologica e artistica. Pensieri tradotti in opere sempre specchio di un’evoluzione storico-politica che ha travolto prima l’uomo e poi l’autore novecentesco materializzandosi in pieno in quelli che erano stati i vaticini pasoliniani. PPP, il maestro che aveva insegnato il senso della scoperta al giovane Bernardo e che “per fare cinema è fondamentale reinventarlo e riscoprirlo continuamente”.

E per fare cinema bisogna infatti guardare alla realtà sempre con occhi diversi. Ma anche con gli stessi occhi. Quelli dell’uomo maturo disilluso. E quelli del bambino poeta. Perché, come scrive Tiziana Lo Porto alla conclusione del libro, “Bernardo a quattordici, ventuno, settant’anni. Appunto: non ha età e ha tutte le età insieme”.


Autrice: Tiziana Lo Porto
Titolo: Bernardo Bertolucci. Cinema la prima volta
Editore: Minimum Fax
Collana: Cinema
Dati: 467 pp, brossura
Anno: 2016
Prezzo: 20 €
Isbn: 978-88-7521-650-4
webinfo: Scheda libro sul sito Minimum Fax


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