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Better call Saul (Stagione 4) - Teste di Serie

Pubblicato il 12 ottobre 2018 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Better call Saul (Stagione 4) - Teste di Serie

"I don’t want to talk
About the things we’ve gone through
Though it’s hurting me
Now it’s history
I’ve played all my cards
And that’s what you’ve done too
Nothing more to say
No more ace to play
The winner takes it all
The loser standing small
Beside the victory..."

- ABBA

C’é una sequenza, un momento di importanza capitale nel cuore dell’ultimo episodio della quarta stagione di Better call Saul, in cui Jimmy é impegnato, assieme a un comitato di avvocati dello studio HHM, nel selezionare degli studenti di talento per onorarli con alcune borse di studio; tra tutti, la giovane Kristy Esposito riceve un unico voto, quello di Jimmy, scartata a priori dalla commissione perché rea di essere stata arrestata come taccheggiatrice in passato. Jimmy é l’unico che crede nella voglia e nella possibilità di riscatto della Esposito ma, nonostante riesca a ottenere un secondo grado di votazione, le sorti della giovane non cambiano. Allora Jimmy la rincorre in strada e le rivela la triste verità; ma quel che Jimmy, in realtà, le offre é, a suo modo di vedere, la più grande lezione di vita che la giovane potrà mai ricevere:

« Non l’hai ottenuta...non ce l’avresti mai fatta. Loro ti mostrano qualcosa, ti dicono che hai delle possibilità, ma...mi dispiace, é una bugia. Avevano già le idee chiare, sapevano chi avrebbero scelto prima ancora che entrassi da quella porta. Hai commesso un errore e loro non ti perdoneranno mai. Per quanto li riguarda, il tuo sbaglio é ciò che ti identifica. Ed é tutto quello che sei. E non mi riferisco solo alla borsa di studio, ma a tutto quanto il resto. Voglio dire, ti sorridono, ti accarezzano la testa, ma non ti faranno entrare mai e poi mai... Ma ascolta...ascoltami...Non ha importanza! Non importa, perché non hai bisogno di loro. Non ti daranno la borsa di studio? Chi se ne frega, perché tu te la prenderai! Farai tutto ciò che serve, hai capito? Non seguirai le regole, andrai per la tua strada, farai quello che loro non farebbero. Sarai furba. Prenderai qualche scorciatoia e vincerai. Loro sono al trentacinquesimo piano? Tu salirai al cinquantesimo e li guarderai dall’alto. E più andrai in alto, più ti odieranno. Bene, sbattiglielo in faccia. Falli soffrire. Falli soffrire! A loro non importa di te! E allora?! Che importa! Si fottano! Ricorda: chi vince, prende tutto. »

Basterebbe questa sequenza di pochi minuti e questo dialogo per descrivere e cogliere appieno il senso della maliziosa e fulgida creatura di Vince Gilligan e Peter Gould, nonché l’anima di Jimmy McGill/Saul Goodman (sempre il monumentale, inossidabile e brillante Bob Odenkirk) e carpirne la sua quintessenza.

Nella stagione, la quarta, in cui Jimmy deve confrontarsi con la morte dell’odiato/amato(?) fratello Chuck (Michael McKean), la scrittura di Gilligan e Gould si focalizza ancor più sulla figura dell’indiscusso protagonista, riuscendo a scavare così in profondità, da spingere in fuori, a ritmi serratissimi, la sua vera natura: non un colpo di spugna prepotente, ma una vera e propria eruzione sentimentale, dominata da odio, senso di vendetta e meschinità, dalla quale l’ormai spettro di Jimmy viene investito in pieno, cancellato per sempre dalla cruda realtà. Nella stagione in cui si avvertiva non di certo il timore – con Gilligan e Gould non c’é mai da temere -, ma l’incognita della messa in scena del prosieguo di una storia in cui veniva a mancare “l’antagonista” principale, Better call Saul si eleva a maestosa elegia dell’annullamento della personalità del tramortito Jimmy McGill, ormai del tutto assuefatto e assorbito da quell’entità che diverrà Saul Goodman, materializzando un nuovo antagonista, quasi invisibile, ma sempre percettibile e impossibile da sconfiggere. Saul Goodman non é l’ospite sgradito: Saul Goodman é, altresì, l’unica e possibile materializzazione dell’ego di colui che fu Jimmy McGill o, meglio, di colui che voleva provare a essere Jimmy McGill, ma che, in realtà, non é mai stato in grado di esserlo. Ecco, dunque, che si palesa, in un finale magnetico e illusorio, il vero antagonista di questa storia, completando grazie a una scrittura sontuosa e sempre in grado di mantenere la tensione drammatica su livelli invidiabili da qualsiasi altra serie sul mercato, la fisionomia di quello che é, oggi, il più grande personaggio apparso in una serie tv dai tempi di Don Draper e, si, anche di Walter White. Forse addirittura migliore. Sicuramente migliore.

L’evoluzione-involuzione individuale é il perno concettuale attorno al quale ruota questa quarta stagione di Better call Saul: cosi come Jimmy/Saul, anche Mike (Jonathan Banks) e Kim (Rhea Seehorn) affrontano con mestizia la loro gracile e imperfetta umanità: il primo si presta agli affari del perfido Gus Fring (Giancarlo Esposito), finendo con l’instaurare amicizia con Werner Ziegler (Rainer Bock), il capo della squadra di costruzione del fantomatico laboratorio di metanfetamine già visto in Breaking Bad, un calo della guardia che costerà un prezzo salatissimo sia a Mike, che al povero ingegnere; mentre Kim viene contagiata dal malizioso influsso di Saul/Jimmy, abbandonandosi e prestandosi per un breve periodo a un gioco che non é, in realtà, in grado di comprendere e dal quale verrà umiliata, ingannata e tradita. Anche Nacho (Michael Mando) si lascerà conquistare dal suo lato oscuro, un pò per necessità, un pò per vanagloria, con risultati non certo idilliaci.

Tutto ciò per sottolineare come Better call Saul é un’opera costruita alla perfezione sui propri personaggi, unici ingranaggi della storia. Per Gilligan e Gould non esiste il peso del destino, non c’é fortuna o malasorte nelle azioni degli uomini, ma solo conseguenze; ognuno può solo raccogliere ciò che semina, abbracciando se stessi, gettando la maschera e rivelarsi per ciò che si é: individui imperfetti, solitari, meschini, ambiziosi.

In parallelo, con Better call Saul i due showrunner e sceneggiatori continuano imperterriti nella loro missione rivelatrice, mettendo in scena uno show costruito sul realismo e sulla preminente necessità del sacrificio: in questo gioco al massacro, in questa caccia al più debole – o al meno astuto – perfino Jimmy/Saul é costretto a rinunciare alla sua vera identità non senza gravi patemi. A Jimmy/Saul non basta gettare la maschera per ottenere ciò che desidera, perché ogni sua azione, ogni sua decisione equivale a una prova titanica: l’essere umano, proprio perché fallace, non può arrendersi davanti a niente e nessuno, così come non può rinunciare a essere se stesso, così come non lascerà che i sentimenti gli precludano la via verso la sua realizzazione; anche a costo di ferire chi si ama, anche a costo di sfruttare chi non c’é più, anche a costo di rimanere soli. Così ambigui, così incompatibili, così veri. E Vince Gilligan e Peter Gould questo lo sanno bene. La vita si nasconde dietro i dettagli, così come la verità. E non c’é nulla, nella vita reale, che si può ottenere senza sudare e sanguinare: la potenza immaginifica a cui la scrittura dei creatori di Breaking Bad ci hanno abituato, ne é un fulgido esempio.
«It’s all good, man!» dirà Saul/Jimmy. Morte e rinascita dell’umanesimo televisivo.


(Better call Saul); genere: drammatico; sceneggiatura: Vince Gilligan, Peter Gould; stagioni: 4 (rinnovata); episodi quarta stagione: 10; interpreti: Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Rhea Seehorn, Patrick Fabian, Michael Mando, Michael McKean, Giancarlo Esposito, Mark Margolis, Tony Dalton, David Costabile, Rainer Bock; produzione: Sony Pictures Television; network: AMC (U.S.A., 6 agosto-8 ottobre 2018), Netflix (Italia, 7 agosto-9 ottobre 2018); origine: U.S.A., 2018; durata: 60’ per episodio; episodio cult quarta stagione: 4x10 - Winner (4x10 - Vincitore)


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