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Café de Flore

Pubblicato il 31 agosto 2011 da Simone Isola

VOTO:

Café de Flore

Sei anni dopo la proiezione di C.R.A.Z.Y., Jean-Marc Vallée torna alla Mostra del Cinema di Venezia con un nuovo lavoro, Cafè de Flore. Si tratta quasi di una sosta nel percorso del regista canadese, che ha appena terminato le riprese del suo primo film in lingua inglese, The Young Victoria. Non un regista d’avanguardia, Vallée, ma un serio artigiano capace di mescolare riso e dramma, attento tessitore di intrecci tra colonna sonora e narrazione. La sua scrittura incisiva tocca infatti temi non semplici con la leggerezza del disincanto, accompagnata da una messinscena curatissima e di grande eleganza formale. La sua proposta cinematografica è dunque legata all’analisi dei sentimenti: amore, ossessione, euforia, amicizia. Se C.R.A.Z.Y. rappresentava prima di tutto un’educazione sentimentale, Cafè de Flore porta avanti il discorso analizzando due storie d’amore di persone separate nel tempo e dalla spazio ma unite da trame profonde quanto invisibili: la prima, ambienta a Parigi nel 1969, riguarda Jacqueline (Vanessa Paradis), una madre che si dedica con affetto al figlio affetto da sindrome Down; la seconda, nella Montréal di oggi, ha come protagonista il giovane DJ di successo Antoine Godin (l’esordiente Kevin Parent), padre di due bambine e diviso tra la nuova compagna (Rose) e il suo vecchio amore (Carole). Le due storie procedono parallele, due vicende che non hanno legami evidenti se non nella comune difficoltà ad affrontare eventi dolorosi. Jacqueline manifesta sempre una forza ammirevole, non accetta pedissequamente il destino riservato al figlio dai libri di medicina, ma cerca in ogni modo di sostenerne la crescita; questo aspetto materno la accomuna anche a Carole, che regisce alla separazione da Antoine senza acredine, nella volontà di capire e di non condannare. Allo stesso modo Rose non ha le sembianze dell’amante insensibile, ma prova rispetto e preoccupazione per la sofferenza di Carole. Come se le nostre esistenze siamo legate da file invisibili, e questi stessi legami ne condizionino gli esiti, felici o dolorosi.

E’ un film stimolante e sicuramente rischioso, Café de Flore; Vallée getta moltissima carne al fuoco, giunge a soluzioni narrative ancor più ardite che nel precedente film; il suo è un cinema strabordante di immagini, suoni, un susseguirsi di situazioni, citazioni (Truffaut in testa) che lentamente portano le due storie ad incontrarsi in modo surreale, originale. In questo continui scambi temporali, la musica gioca un ruolo essenziale, passa da diegetica ad extradiegetica senza soluzione di continuità, e in ogni caso intrattiene con le immagini un rapporto quasi dialettico. Alla fine il tourbillon registico e narrativo si placa, ed anche un dolore così profondo come la disgregazione di una famiglia trova nel sogno una sua giustificazione, un senso ulteriore che per quanto esile è l’unico modo per poter accettare le imperfezioni delle nostre vite. Una riflessione che può essere giudicata fatalista, ma che nasconde una umanità intensa e che dunque come tale va rispettata e discussa.


CAST & CREDITS

Regia: Jean-Marc Vallée; sceneggiatura: Jean-Marc Vallée; fotografia: Pierre Cottereau; montaggio: Jean-Marc Vallée; suono: Jean Minondo, Martin Pinsonnault; scenografia: Patrice Vermette; costumi: Ginette Magny, Emmanuelle Youchnowski; interpreti: Vanessa Paradis (Jacqueline), Kevin Parent (Antoine Godin), Hélène Florent (Carole), Evelyne Brochu (Rose), Marin Gerrier (Laurent), Alice Dubois (Véronique), Evelyne De La Chenelière (Amélie), Julien Godin (Michel Dumont), Louise Godin (Linda Smith), Joanny Corbeil-Picher (Juliette), Rosalie Fortier (Angéline). Produzione: Item 7, Monkey Pack Films, Crazy Film. Origine: Canada, Francia 2011. Durata: 120 min.


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