Cannes 2009 - A L’Origine - Concorso

Ogni festival riserva qualche inattesa rivelazione. Quest’anno, a Cannes, arriva alla fine con un film dal titolo assai evocativo, A L’Origine (t.i. In the Beginning), improvvisa come qualsiasi sorpresa che si rispetti. A Xavier Giannoli, il regista, l’idea viene qualche anno fa, leggendo una di quelle strane storie che saltuariamente appaiono sui giornali. In poche righe era raccontata l’avventura di un ladruncolo che da truffatore si era ritrovato ad essere imprenditore edile, coinvolgendo nella costruzione di un’autostrada una intera comunità. Di più non sveliamo, non tanto per non rivelare troppo della trama, quanto perché A L’Origine merita di essere scoperto minuto dopo minuto per tutte le due ore e trenta della sua durata, piuttosto lunga ma pienamente giustificata.
Il personaggio interpretato da François Cluzet (che si candida autorevolmente per il premio come migliore attore) è frutto in parte dei numerosi incontri avuti in carcere da Giannoli con il vero protagonista. A ciò si abbina la qualità della sceneggiatura (a firma dello stesso regista), straordinariamente profonda nell’analizzare sia questa figura ambigua, attraversata da forte solitudine e divisa tra egoismo e vani sogni di gloria (vista quasi con benevolenza dall’autore, con occhi inclini al perdono), sia la depressione economica e sociale di una piccola comunità. Comunità che vede nel nuovo progetto di un’autostrada, da cui si lascia trasportare con l’ingenuità di chi si lascia abbagliare da una speranza, la possibilità di mettersi alle spalle i segni di una crisi lontana dall’esaurirsi.
Il rapporto tra gli abitanti della cittadina e lo sfuggente Philippe Miller è il vero perno del film, che così diviene affresco di differenti umanità che si incrociano e si modificano vicendevolmente. C’è sì un protagonista indiscusso, ma gli altri personaggi rivestono ruoli decisivi nella definizione del contesto in cui si avvia e si conclude la vicenda. Il tutto funziona grazie anche alla presenza di attori in grado di spalleggiare Cluzet. Banale ma necessario citare Gérarde Depardieu (presente all’inizio e alla fine), ma è l’intero cast a rendere la pellicola omogenea e assai coinvolgente. Meritano considerazione Emmanuelle Devos e soprattutto la giovane Soko. Ciò che accade non lascia alcuna concessione al patetico. I sentimenti che nascono sono rappresentati senza stravolgere una espressività secca, rapida, incline alla cronaca piuttosto che all’esasperazione dell’elemento romantico/drammatico. La narrazione non è mai banale. Il succedersi delle inquadrature è figlio di una estrema attenzione al particolare e ogni dettaglio riveste un’importanza capillare all’interno del racconto.
Elemento decisivo è la fotografia. Glynn Speeckaert, in accordo con l’autore, non forza mai la luce e regala delle splendide sequenze, particolarmente suggestive nel restituire il lavoro notturno all’interno del cantiere. Grazie all’illuminazione artificiale di grossi lumi sferici, la fatica si sublima in immagini poetiche, mischiando sudore e una eco di magia. L’autostrada che si compie giorno dopo giorno, in una corsa contro il tempo e la natura, cessa di essere materia industriale per divenire residenza etica dei sogni di chi vi lavora sopra.
Giannoli ha dichiarato di essersi preso delle libertà nello scrivere A L’Origine rispetto alla storia reale. Poco importa, perché ciò che lo schermo restituisce supera la plausibilità. Aldilà della effettiva originalità della truffa messa in piedi da questo ladruncolo, di cui oggi si sono perse le tracce, rimane il racconto di vite ed esistenze improvvisamente unite davanti la possibilità di un sogno con cui riscattare le bassezze di ogni giorno. Quel sogno, Giannoli lo racconta, anche se per un breve istante è davvero esistito. Da molti additato come la possibile Palma d’Oro, se il premio fosse davvero destinato a questa pellicola, non ci si potrebbe dirsi sorpresi.
(A L’Origine) Regia, soggetto e sceneggiatura: Xavier Giannoli; fotografia: Glynn Speeckaert; montaggio: Celia Lafitedupont; suono: François Musy, Gabriel Hafner, Renaud Musy; scenografia: François-Renaud Labarthe; costumi: Nathalie Benros; interpreti: François Cluzet (Philippe Miller), Gérarde Depardieu (Abel), Soko (Monika), Vincent Rottiers (Nicolas), Brice Fournier (Louis); produzione:Rectangle Productions, Europacorp, Studio 37, France 3 Cinéma; distribuzione: Europacorp; origine: Francia; durata: ‘150;
