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Cannes 2010 - Outrage - Concorso

Pubblicato il 17 maggio 2010 da Salvatore Salviano Miceli


Cannes 2010 - Outrage - Concorso

Che brutto scherzo che ci ha tirato il grande Kitano. Se non il più atteso, infatti, il suo Outrage era comunque tra le pellicole più “chiacchierate”, depositario della speranza, ahimè rimasta vana, di assistere ad un miglioramento della qualità dei film in concorso quest anno sulla croisette. Niente da fare, perché anche il geniale regista giapponese, di nuovo in clima yakuza, non riesce ad andare aldilà di un progetto che resta interessante solo sulla carta.
Il film, infatti, non decolla in alcun istante. Se qualche sorriso ci viene strappato è per quelle soluzioni, a metà tra il parossistico e l’iperbole, che spesso Kitano adotta nel raccontare la violenza ed il mondo della mafia giapponese. Per il resto, le quasi due ore di proiezione corrono via trascinandosi dietro qualche sbadiglio di noia di troppo e la sensazione, che lentamente diviene certezza, di non trovarsi davanti, e neanche nei dintorni, al miglior cinema di Beat Takeshi.
Talmente esagerato il numero di personaggi da perdere ben presto, sia lui in cabina di regia quanto noi in sala, le chiavi del racconto. Tra scalate al potere e all’onore all’interno delle famiglie più in vista della criminalità organizzata giapponese, mignoli che saltano senza soluzione di continuità, coltellate improbabili e impiccagioni degne di un fantasy, Takeshi pone in essere la solita rete di corruzione e di arrogante “deficienza” che unisce la yakuza al tessuto legale e sociale delle realtà urbane giapponesi.
Avevamo apprezzato la digressione del regista in una sfera più intima, come accaduto per Takeshis’ prima e Achille e la tartaruga poi (in mezzo il non riuscitissimo Glory to The Filmmaker). Anche per questo il suo ritorno al cinema di genere destava aspettative pari almeno alla delusione. Non bastano tracce di quella poetica che ha reso grande il suo autore, sbiaditi e sparuti momenti di un senso dell’immagine e del racconto che da Violent Cop a Brothers, passando per Sonatine o Hana-Bi (e tanti titoli sarebbero ancora da citare), hanno cristallizzato lo stile di Kitano come uno dei più originali e anarchici del cinema contemporaneo.
In Outrage, al contrario, sembra quasi che il regista conduca stancamente e con poca voglia le sorti, tanto narrative quanto visive, della sua storia. Il dato paradossale, da sempre elemento importante per la filmografia del regista, si spinge verso la pericolosa deriva del ridicolo finendo per portarsi dietro anche le poche cose meglio riuscite del film.
Alcuni personaggi, tra cui quello interpretato dallo stesso Beat Takeshi, potrebbero anche risultare interessanti, per un certo buon numero di sfumature, ma, dovendo confrontarsi con la banalità del contorno, è più semplice perdersi insensatezza della pellicola. Stenta a decollare questa edizione del Festival. E da Kitano, inaspettatamente, non arriva alcuna ancora di salvataggio.


CAST & CREDITS

(Outrage); Regia e sceneggiatura: Takeshi Kitano; fotografia: Hitoshi Takaya, Katsumi Yanagijima; montaggio: Takeshi Kitano, Yoshinori Ota; scenografia: Norihiro Isoda; interpreti: Beat Takeshi (Otomo), Kippei Shiina (Mizuno), Ryo Kase (Ishihara), Tomokazu Miura (Kato), Jun Kinimura (Ikemoto); produzione: Office Kitano; distribuzione: Celluloid Dreams; origine: Giappone; durata: 109’;


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