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Cannes 2015 - Krisha - Semaine de la critique

Pubblicato il 26 maggio 2015 da Fabiana Sargentini

VOTO:

Cannes 2015 - Krisha - Semaine de la critique

Krisha ha più di sessant’anni, la chioma bianca, di certo un tempo bionda, di Gena Rowlands, il viso segnato dalle rughe, grosse borse sotto gli occhi brucianti. È una madre che ha perso la bussola, si è persa in un dolore personale, nelle dipendenze. Scende da una macchina nera scalcagnata dove lascia un cagnolino, da cui tira fuori una valigiona pesante e percorre un vialetto fino ad una porta dove non apre nessuno. Ha già sbagliato, a dimostrazione di essere una donna che sbaglia spesso, ha sbagliato molto, forse sempre. Alla porta viene accolta con affetto, uno ad uno tutti i suoi parenti la abbracciano, le fanno le feste, la circondano calorosamente. Lei si finge brillante, fa battute, ride insieme a loro. Le viene mostrata una stanza dove sistema le sue cose e il cane che nel frattempo è andata a riprendere. Nel bagno, guardandosi allo specchio per la prima di molte volte, si toglie dal collo una collanina a cui è attaccata una chiave che apre un piccolo scrigno in cui sono posizionate con ordine in piccoli scomparti pillole di varia forma e colore. Ne assume due o tre bevendo un sorso d’acqua da una borraccia. Compiuta l’operazione, si sistema il largo abito nero dove nasconde le sue forme pesanti e scende nella mischia. Dopo qualche scambio di informazioni superficiali ma ficcanti, domande sul suo stato di salute poste con tono insinuante, viene messa ai fornelli ad affrontare un enorme tacchino che necessita di farcitura e lenta cottura nel forno. Sarà pronto la sera quando avverrà la cena del ringraziamento a cui è venuta da lontano a partecipare. Le scene più banali sono accompagnate da un commento musicale di tensione, violini aggressivi, percussioni in crescendo che aumentano la partecipazione con l’angoscia che sale alla protagonista nello stare lì. Come lo sventramento dalle viscere del pennuto, il successivo rigonfiamento di cipolla carote e altri ortaggi, lo spennellamento di olio e spezie a indorare il tutto. Il pomeriggio scorre pesante tra senso di inadeguatezza davanti alla materia prima delle famiglie: la tenerezza davanti ad un neonato, i complimenti tra suocero e genero, la banalità dei festeggiamenti religiosi. Krisha è il pesce fuor d’acqua che boccheggia tra un bicchiere e l’altro. Quando trova il coraggio chiede al figlio che non vede da anni di parlare un po’: non funziona neanche questo. Krisha è sempre più tesa, apre il forziere della salvezza e ingolla pasticche, poi si scola un’intera bottiglia di vino. Lascia messaggi alla segreteria telefonica di un uomo che non la vuole più. Impreca, maledice, lancia improperi degni di uno scaricatore di porto. La sera si avvicina e tutto è destinato a finir male...
Un’opera prima girata in famiglia (la protagonista, Krisha Fairchild è la zia del regista) in nove giorni nella casa avita. Un’opera sapientemente orchestrata dal ventottenne Trey Edwards Shultz che speriamo qualcuno distribuisca in Italia.


CAST & CREDITS

(Krisha); Regia e sceneggiatura: Trey Edward Shults; interpreti: Olivia Grace Applegate, Bryan Casserly, Alex Dobrenko; produzione: A24; origine: USA, 2015; durata: 83’


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