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Cannes 2017 - Il fine settimana della Critica

Pubblicato il 23 maggio 2017 da Nicola Calocero


Cannes 2017 - Il fine settimana della Critica

Dopo il fortunato vernissage del film italiano Sicilian ghost story, la Semaine questo fine settimana ci ha proposto delle opere prime notevoli ed interessanti presso lo spazio Miraramar, all’estrema rive gauche della Croisette. Dove i film si possono vedere gratis e senza accredito, basta ritirare un invito e provare ad entrare in sala facendo una civile fila con altri cinefili di tutto il mondo.
La rassegna, che da sempre indirizza le proprie antenne a scovare i giovani talenti più interessati a cercare un nuovo modo di raccontare, ha presentato nei giorni scorsi, tra gli altri, Los Perros della regista cilena Marcela Said, Ava della francese Lea Mysius e l’autobiografico Petit paysan di Hubert Chaurel.

Il cinema cileno, lo sappiamo bene dai tempi della retrospettiva di Pesaro 2013, è una delle cinematografie più interessanti dell’America Latina, e la nueva ola rappresenta quel movimento attraverso cui una generazione di cineasti dotati e riconosciuti ormai a livello internazionale affronta con intelligenza e creatività i fantasmi di un pesante passato. Su questo filone si inserisce perfettamente l’opera prima della quarantenne Marcela Said, che nella sua vita precedente si è dedicata con successo a fare inchieste sul suo paese, scrivendone quasi una contro storia. La vicenda di Los Perros è un dramma borghese, e nella migliore tradizione del genere non può non raccontare che un amore clandestino. Gli attori della vicenda sono tratteggiati al limite del cliché: una ricchissima quarantenne figlia di papà, che da buona borghese pratica l’arte dell’equitazione, non può non innamorarsi del suo maturo insegnante, un colonnello della cavalleria legato ad alcune pagine più cruenti degli anni di Pinochet. I cani del titolo alludono alla docile fedeltà -quasi militare- del migliore amico dell’uomo sempre pronto ad immolarsi, ma anche al desiderio selvaggio di questi animali di affrancarsi dalla loro dimensione domestica per cercare una propria libertà individuale.

Anche Ava si tratta di un’opera prima, diretta dalla giovanissima Lea Mysius, classe 1989. Il giovane talento non ancora trentenne sempre in questi giorni ha calcato anche il tappeto rosso del Palais in qualità di sceneggiatrice, insieme a Desplechin, dei Fantasmi di Ismaele, il film di apertura di questo festival che si propone sempre più come un’annata di transizione. Ava è una tredicenne che ama la vita e che trascorre in Normandia le vacanze estive con la madre e la sorellina. Per una malattia della retina è destinata a breve a perdere la vista notturna. Il desiderio di possedere il cane lupo di un giovane gitano in fuga, le farà cambiare completamente la sua percezione della vita. Tra momenti onirici e alcuni arditi cambi di passo narrativi, il film procede a tratti sincopato forse perchè la giovane regista, che certamente rivela un fresco talento, si trova più a suo agio nella scrittura e nella messa in scena che non nella direzione dei giovani interpreti.

Autobiografica è la vicenda di Petit paysan, l’opera prima del trentenne Hubert Chaurel. Originario della Marna e diplomatosi alla FEMIS, il giovane cineasta viene da una famiglia di allevatori di vacche, così come il protagonista della vicenda: un trentenne al limite della frustrazione che sente il dovere di portare avanti l’attività della famiglia anche correndo il rischio di perdere tutto a causa di un’epidemia. Una moria della vacche quindi, che ai cinefili più colti ricorda la celebre lettera di Totò e Peppino alla malafemmina... Il film attraverso questo microcosmo riflette con intelligenza ma senza provocazione e senza alcun tono didascalico sui processi di controllo che impongono alla nostra società dei cambiamenti radicali anche a realtà che hanno sempre vissuto secondo le leggi di natura. Protagonista è la disarmante fragilità di un trentenne che non ha le ambizioni della sua generazione e che si trova vittima di un sistema in cui ormai inesorabilmente il marketing ha vinto sui contenuti e la finanza sul lavoro. Anche nell’estrema rive gauche della Croisette, purtroppo.


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